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Direttore aRTURO DiaCOnaLE Sabato 4 Febbraio 2017 Fondato nel 1847 - anno XXii n. 24 - Euro 0,50 DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 DCB - Roma / Tariffa ROC poste italiane Spa Spedizione in abb. postale quotiDiANo liberAle Per le gArANZie, le riforMe eD i Diritti uMANi delle Libertà SOLA A PAGINA 5 L’Unione chiude la rotta libica verso l’Italia POLITICA - ESTERI RO MITI A PAGINA 2 Campidoglio pentastellato: dopo gli asini volano le polizze vita POLITIC A SERAFINI A PAGINA 4 Incubatori certificati: la nuova legge che uccide le startup ECONOMIA di Arturo DiAcoNAle Grillo con la Raggi, la base protesta Il leader del Movimento Cinque Stelle difende la sindaca di Roma per non perdere le prossime elezioni politiche, ma i militanti grillini pretendono spiegazioni convincenti in nome di “onestà, onestà!” Il Congresso del Pd si è già tenuto il 4 dicembre I l problema di Matteo Renzi è di ri- fiutare di accettare che la data del 4 dicembre non ha segnato solo la sua sconfitta nel referendum sulla ri- forma costituzionale, ma ha rappre- sentato anche la sua condanna a rinunciare alla segreteria del Partito Democratico. L’ex Premier, in sostanza, non vuole ammettere che con il referen- dum si è di fatto celebrato anche il congresso del proprio partito e che dal congresso la sua leadership è uscita pesantemente battuta. Se all’indomani del 4 dicembre Renzi avesse deciso non solo di ab- bandonare Palazzo Chigi ma anche l’ufficio del Nazareno, oggi avrebbe tutte le carte in regola per proporre nuove primarie nel Pd e puntare alla rivincita immediata nel partito e nel Paese. Ma nell’illusione di poter con- tinuare a mantenere la segreteria a dispetto di un congresso-referendum che lo aveva defenestrato, la sua pro- posta di primarie in alternativa al congresso appare destinata a non avere alcun effetto sulle diverse com- ponenti dell’opposizione interna. Le primarie in vista del congresso avrebbero un senso se questo bene- detto congresso non fosse stato già celebrato. Ma il risultato del 4 di- cembre ha avuto un significato infi- nitamente più forte e chiaro di qualsiasi votazione finale di una qualsiasi assise nazionale del Pd. E oggi il dramma che si va consu- mando all’interno della sinistra... Continua a pagina 2 CULTURA “Sister Act” spopola, in 30mila al Brancaccio MeZZAroMA a pagina 7 Gentiloni alimenta la suspense. Ov- viamente cerca di durare. E fa bene. Gratificato del poco lusinghiero ap- pellativo di “fotocopia” del Governo Renzi, egli è pur sempre il Governo Marra - manca soltanto Alberto Sordi. Sì, il più grande degli emblemi della commedia all’italiana e certa- mente il più indicato a rappresentare il film che va in onda nella Capitale... D iciamoci la verità: in questa vi- cenda romana - da Virginia Raggi a Salvatore Romeo a Raffaele Il Governo Gentiloni e la parola di Mattarella C ome sia nato il Governo Genti- loni, lo sappiamo tutti. Che fine farà, non lo sa nessuno. Lo stesso di Pietro Di Muccio de quAttro di PAolo Pillitteri Continua a pagina 2 Continua a pagina 2 Raggi: rivoluzione da commedia all’italiana della Repubblica, non il Governo di Renzi, come questi lo considera nella sua megalomania. E siccome lo con- sidera suo, Renzi intende disporne a piacere e farne quel che gli aggrada. Intanto lo tiene in piedi per prepa- rare le elezioni secondo convenienza. Gentiloni avverte la situazione che ne fa il pupo nelle mani del puparo e, obtorto collo, la subisce. L’INTERVISTA IN ESCLUSIVA “S ono troppo nazionalista per scimmiottare i partiti delle na- zioni altrui”. Il sogno di un grande Continua a pagina 3 di Michele Di lollo Meloni: “Un’alleanza intorno alla difesa della sovranità” Partito repubblicano all’americana, qui in Italia, muore dopo poche de- cine di battute.

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Direttore aRTURO DiaCOnaLE Sabato 4 Febbraio 2017Fondato nel 1847 - anno XXii n. 24 - Euro 0,50

DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1

DCB - Roma / Tariffa ROC poste italiane Spa Spedizione in abb. postale quotiDiANo liberAle Per le gArANZie, le riforMe eD i Diritti uMANi

delle Libertà

SOLA A PAGINA 5

L’Unione chiude

la rotta libica verso l’Italia

POLITICA - ESTERI

ROMITI A PAGINA 2

Campidoglio pentastellato:

dopo gli asini

volano le polizze vita

POLITICA

SERAFINI A PAGINA 4

Incubatori certificati:

la nuova legge

che uccide le startup

ECONOMIA

di Arturo DiAcoNAle

Grillo con la Raggi, la base protestaIl leader del Movimento Cinque Stelle difende la sindaca di Roma per non perdere le prossime elezioni

politiche, ma i militanti grillini pretendono spiegazioni convincenti in nome di “onestà, onestà!”

Il Congresso del Pd si è già tenuto il 4 dicembre

Il problema di Matteo Renzi è di ri-fiutare di accettare che la data del

4 dicembre non ha segnato solo lasua sconfitta nel referendum sulla ri-forma costituzionale, ma ha rappre-sentato anche la sua condanna arinunciare alla segreteria del PartitoDemocratico.

L’ex Premier, in sostanza, nonvuole ammettere che con il referen-dum si è di fatto celebrato anche ilcongresso del proprio partito e chedal congresso la sua leadership èuscita pesantemente battuta.

Se all’indomani del 4 dicembreRenzi avesse deciso non solo di ab-bandonare Palazzo Chigi ma anchel’ufficio del Nazareno, oggi avrebbetutte le carte in regola per proporrenuove primarie nel Pd e puntare allarivincita immediata nel partito e nelPaese. Ma nell’illusione di poter con-tinuare a mantenere la segreteria adispetto di un congresso-referendumche lo aveva defenestrato, la sua pro-posta di primarie in alternativa alcongresso appare destinata a nonavere alcun effetto sulle diverse com-ponenti dell’opposizione interna. Leprimarie in vista del congressoavrebbero un senso se questo bene-detto congresso non fosse stato giàcelebrato. Ma il risultato del 4 di-cembre ha avuto un significato infi-nitamente più forte e chiaro diqualsiasi votazione finale di unaqualsiasi assise nazionale del Pd. Eoggi il dramma che si va consu-mando all’interno della sinistra...

Continua a pagina 2

CULTURA

“Sister Act” spopola,

in 30mila al Brancaccio

MeZZAroMA

a pagina 7

Gentiloni alimenta la suspense. Ov-viamente cerca di durare. E fa bene.Gratificato del poco lusinghiero ap-pellativo di “fotocopia” del GovernoRenzi, egli è pur sempre il Governo

Marra - manca soltanto AlbertoSordi. Sì, il più grande degli emblemidella commedia all’italiana e certa-mente il più indicato a rappresentareil film che va in onda nella Capitale...

Diciamoci la verità: in questa vi-cenda romana - da Virginia

Raggi a Salvatore Romeo a Raffaele

Il Governo Gentiloni e la parola di Mattarella

Come sia nato il Governo Genti-loni, lo sappiamo tutti. Che fine

farà, non lo sa nessuno. Lo stesso

di Pietro Di Muccio de quAttro di PAolo Pillitteri

Continua a pagina 2

Continua a pagina 2

Raggi: rivoluzione da commedia all’italiana

della Repubblica, non il Governo diRenzi, come questi lo considera nellasua megalomania. E siccome lo con-sidera suo, Renzi intende disporne apiacere e farne quel che gli aggrada.Intanto lo tiene in piedi per prepa-rare le elezioni secondo convenienza.Gentiloni avverte la situazione chene fa il pupo nelle mani del puparo e,obtorto collo, la subisce.

L’INTERVISTA IN ESCLUSIVA

“Sono troppo nazionalista perscimmiottare i partiti delle na-

zioni altrui”. Il sogno di un grande Continua a pagina 3

di Michele Di lollo

Meloni: “Un’alleanza intorno alla difesa della sovranità”

Partito repubblicano all’americana,qui in Italia, muore dopo poche de-cine di battute.

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sbagliati e che, infine, la gente votiper quel partito cui la legge sem-bra voler assicurare il massimovantaggio o, al contrario, voticontro quel partito ecc. ecc., gliangosciosi interrogativi di questigiorni sarebbero superati se si de-cidesse così: si va a votare (in unadata stabilita, probabilmente persorteggio). Conosciuto l’esito ileader dei partiti, muniti di col-telli, pugni di ferro e spray al pe-peroncino (esclusi armi a

ripetizione ed esplosivi) si riuni-scono e discutono la legge eletto-rale e, quindi, sui seggi daattribuire a ciascuno secondo il ri-sultato già noto della consulta-zione e quello ormai piùfacilmente raggiungibile di unalegge che ne determinasse le con-seguenze in termini di seggi da at-tribuire. Con ricorso al sorteggio,sapientemente concertato, per icasi più difficilmente risolvibili.

Il sistema sarebbe il naturale

prodotto della tendenza, oramaisempre più chiara e scoperta, difare le legge elettorali di volta involta, alla vigilia delle votazioni,secondo il prevedibile esito diesse. Ma non andrebbe neppuredimenticato l’importanza dell’av-vio all’uso del sorteggio per i “casidifficili”. Sistema che prima o poipotrà essere adottato come unicoper stabilire senza parzialità la“rappresentanza nazionale”.

Ernesto Rossi sul “Il Mondo”

scrisse una volta un articolo persostenere che per ottenere una se-lezione qualitativa degli eletticome quella allora (già allora!) inatto, tanto valeva andare alla sta-zione ferroviaria e “catturare” acasaccio un certo numero di per-sone: viaggiatori, accompagnatori,facchini ecc. e portarli a Monteci-torio ed a Palazzo Madama.

Proviamo a riderci sopra. Nonso se ci riusciremmo. Sarebbe co-munque un riso assai amaro.

Quello che sta succedendo aRoma, con l’ennesimo scan-

dalo che coinvolge la sindaca Vir-ginia Raggi, è perfettamenterappresentativo della baraonda po-litica che sta caratterizzando l’in-tero Paese di Pulcinella.

Il Movimento Cinque Stelle, chesi era dato la “mission” di salvarel’Italia dai ladri e dagli incapaci,sembra voler infliggere il colpo digrazia ad un sistema che apparesempre più irriformabile. I seguacidi Beppe Grillo, dopo aver pro-messo asini volanti sotto forma diredditi di cittadinanza e catastrofi-che scorciatoie sovraniste, sco-prono la linea politica delle polizzevita inconsapevoli. Polizze vita lequali, oltre a beneficio del primocittadino della Capitale, sembranoessere cadute dal cielo anche peraltri esponenti di questa ArmataBrancaleone degli onesti. Polizze

vita che, vorrei segnalare a benefi-cio dei più sprovveduti, rappresen-tano dei veri e propri strumenti diinvestimento e che, modificandouna piccola clausola, possono es-sere fatti incassare dal beneficiarioa scadenza del contratto, senzadunque aspettare il decesso delcontraente. Un contraente che,nello specifico della vicenda Raggi-Romeo, potrebbe aver ricambiatoin anticipo la triplicazione dellosuo stipendio decretata dallo stessosindaco di Roma. Ovviamentesiamo nel campo delle ipotesi. Maal di là degli eventuali aspetti pe-nali, che spetterà alla magistraturaordinaria valutare, ciò che colpiscein questo ennesimo pasticciacciobrutto a Cinque Stelle è l’inverosi-mile dilettantismo, unito ad una

faccia tosta senza pari, con cui sisono mossi i vertici locali e nazio-nali dello stesso M5S, i quali sisono spesi fin qui in una continuaoperazione di copertura mediatica,anziché affrettarsi a scaricare poli-ticamente Virginia Raggi ei suoiamici, chiedendo scusa ai cittadiniromani che hanno votato per que-sto disastro senza precedenti. Tantoè vero che uno degli esponenti piùin vista del M5S, il parlamentareDanilo Toninelli, interpellato da ungiornalista di La7 in merito allafaccenda delle polizze inconsape-voli, ha candidamente dichiaratoche mentre negli altri partiti avven-gono crimini reali, tra i grillini almassimo si commettono errori.Questa degli onesti che sbagliano cimancava.

2 L’OPINIONE delle Libertà sabato 4 febbraio 2017Politica

Dopo gli asini volano le polizze vitadi CLAUDIO ROMITI

Sarà una provocazione. Magaripure grottesca e un po’ scema.

Ma, visto come vanno le cose,visto cioè che tutti propongonocomplicatissimi sistemi elettoraliin funzione delle previsioni circal’entità e la provenienza dei votiche potranno accaparrarsi, con leinsicurezze e le angosce che loroderivano dal fatto che le previ-sioni e i sondaggi saranno magari

E se si facesse la legge elettorale dopo aver votato?di MAURO MELLINI

però, per quanto consapevole di dipendere dalsuo stesso partito che a sua volta dipende dalsuo indegno predecessore, sbaglierebbe ad as-secondare Renzi in tutto e soprattutto nella de-cisione circa il se e il quando dimettersi.Gentiloni, speriamo per lui, non dovrebbe volerfare la fine del modesto travet Enrico Letta, chereagì con un mesto sorriso al Renzi che gli sfi-lava sbrigativamente la scrivania dalle terga.

Gentiloni dovrebbe capire, e forse l’ha ca-pito, che la sua debolezza è la sua forza. L’Ita-lia non è vero che anela spasmodicamente alleurne. L’Italia vuole essere rassicurata perché èspaventata. L’Italia deve essere protetta dallesue tentazioni autolesionistiche. L’Italia, acausa delle contingenze interne e delle agita-zioni internazionali, deve essere governata fi-nalmente. E qui la parola di Sergio Mattarellapuò e deve confortare il Governo Gentiloni epuntellarlo con tutta l’autorità della presi-denza della Repubblica. Mattarella ha detto inmodo aperto, inequivocabile, solenne che oc-corre una legge funzionalmente omogenea perl’elezione delle Camere. Le norme elettorali ri-sultanti dalle decisioni della Corte costituzio-nale sono scombinate e alquanto paradossali,sebbene la Consulta si sia premurata di preci-sare che sono di per sé già applicabili. Ma laparola del capo dello Stato è la parola del capodello Stato. Inoltre essa sottende non solo l’in-vito pressante alle forze politiche, ma ancheil richiamo all’orgoglio del Parlamento affin-ché si riappropri della sovranità legislativa inmateria elettorale. Oltre che stravagante, so-prattutto è biasimevole che le Camere rappre-sentative vengano scelte attraverso sistemielettorali confezionati dall’organo costituzio-nale che ha censurato quelli dalle stesse im-provvidamente deliberati. Perciò Gentilonivada avanti fino alla scadenza naturale dellalegislatura oppure si faccia sfiduciare dopoaver parlato alla nazione. E Mattarella rifiuti lapromulgazione di una legge elettorale contra-ria alla parola data. Gentiloni non è il Quislingdi Renzi e non passi alla storia come un Factaqualunque. Mattarella esca dal bozzolo e frenicon ogni mezzo legittimo (ne ha!) la derivaelettorale contraria agli interessi del popoloitaliano, che ha tutto da guadagnare a votarecon la dovuta calma tra dodici mesi.

PIETRO DI MUCCIO de QUATTRO

segue dalla prima

...è quello di un segretario sfiduciato che si ag-grappa alla poltrona nel tentativo disperato diconservarla ad ogni costo ed a dispetto dellavolontà della maggioranza che lo ha giubilato.

L’“uno contro tutti” dei tre anni passati se-gnati dall’affermazione incontrastata del prin-cipio dell’uomo solo al comando, è diventato il“tutti contro uno” segnato dai voltafacciaanche di chi, come Giorgio Napolitano, loaveva incoronato “uomo della Provvidenza”.

Per sopravvivere a breve, Renzi non trovadi meglio che puntare alle elezioni da celebrareprima di un congresso dall’esito già anticipatoda quello referendario. Nella migliore delleipotesi rischia di ritrovarsi con un partito per-sonale che non raggiunge il 20 per cento e concui può solo sperare di fare il comprimario afianco di alleati tutti ancora da inventare. Nonsarebbe meglio per lui saltare un giro e tornarein pista senza macchiarsi agli occhi della sini-stra e dell’intera opinione pubblica italiana del-l’etichetta di ambizioso irresponsabile?

ARTURO DIACONALE

...Bastano queste considerazioni, appena ac-cennate, a far capire che Matteo Renzi, salu-tato dai creduloni e dagli innamorati come lasoluzione dei problemi italiani, ne è l’ultimacausa, non solo per aver accollato alla nazioneun altro centinaio di miliardi di debito pub-blico spesi per stimolare un’economia rimastainvece moscia e asfittica, ma anche per averprecipitato la politica in un violento scontrocostituzionale sul referendum che ha persoscornandosi e perdendo la faccia, sia per la bru-ciante sconfitta nel voto, sia per lo spergiuro sulritiro definitivo dall’attività pubblica. Invece ditornarsene alle sue precarie occupazioni pri-vate, sta dando ancora le carte nel retrobottegadella politica e pretende di determinare la vitae la morte del povero Paolo Gentiloni. Il quale,

...da quando ha vinto la leggendaria rivolu-zione di Beppe Grillo. Qualcuno (Mattia Fel-tri) l’ha definita come quella “rivoluzionedell’onestà tra cassonetti e assessori in fuga...simile a un disastro di caratura puramenteumoristica”. Laddove l’aggettivazione ri-manda, più o meno metaforicamente, al-l’unica rivoluzione che il cinema italiano èstato capace di realizzare, ovverosia la com-media all’italiana. Ma, attenzione, la nostranacommedia cinematografica sussume qualsiasiempito rivoluzionario apparso nel Neoreali-smo, lo oltrepassa metabolizzandolo e rag-giungendo, a modo suo, risultati politici,sociali, sociologici e storici che nessuna rivolu-zione, almeno da noi, sarebbe stata in grado diconquistare.

Sordi e Roma, nel caso della storytelling av-viata dalla Raggi e giunta a questa puntata ches’iscrive d’autorità nel contesto di quella meta-bolizzazione che il nostro cinema e i suoi regi-sti, attori e sceneggiatori sono stati capaci dimettere in scena ponendo al centro non tantoo soltanto la Capitale ma il suo simbolo piùriuscito e, ovviamente, gradito per l’eccezionalelevatura artistica (Sordi rimarrà per sempreun’icona insuperabile) ma, soprattutto, perl’incarnazione che in tale icona si raggruma, siespande e si coniuga infine con l’intera nazione.La nostra storica incapacità a compiere rivolu-zioni si è così trasposta nel suo opposto, in unterreno quasi improprio, in quello della com-media che arricchendosi via via di apporti fon-damentali come Vittorio Gassman, UgoTognazzi e Nino Manfredi ha costituito ununicum nel panorama della critica politica.

In un certo senso siamo dalle parti dell’im-mortale “ridendo castigat mores”, ma ciò chepiù rende ghiotta la sceneggiata raggiana è lasimilitudine, la comparazione, le impressio-nanti analogie fra il significato più profondo diquel cinema e il senso degli accadimenti dioggi. Che conferma, dunque, come e qual-mente la stessa rivoluzione “ab imis” postasulle insegne vincitrici di un movimento incar-nato da Grillo in Italia e dalla Raggi in Cam-

Il Congresso del Pd si è già tenuto il 4 dicembre

Raggi: rivoluzione da commedia all’italiana

Il Governo Gentiloni e la parola di Mattarella

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pidoglio, si è tradotta in meno di otto nel suorovescio. Non tanto o soltanto nell’immobili-smo di una giunta che avrebbe dovuto - eanche potuto - cambiare un senso di marcia,non solo nelle appendici giudiziarie che non ciinteressano più di tanto, ma - soprattutto -nella carnevalata di protagonisti grandi e pic-cini parodianti quel capolavoro monicellianoche si chiama “L’armata Brancaleone”. Per nondire de “I mostri” con Gassman e Tognazzi incui l’articolazione degli episodi sembra comeispirare quelli nuovi oggi in scena, senza ov-viamente tralasciare i tratti ineguagliabili delSordi in “Un americano a Roma” col suo im-mortale Nando Mericoni la cui battuta davantia un piatto di pastasciutta: “Maccarone, m’haiprovocato e io te distruggo!” è entrata per sem-pre nella memoria popolare.

Chissà se la Raggi recupererà. È giovane,come si dice. Un fatto è certo: questi suoi quasiotto mesi di governo cittadino possono ben ri-condurci alla memoria il bellissimo “Polvere distelle”, con lui, sempre lui, l’Alberto Sordi disempre.

PAOLO PILLITTERI

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3l’oPiNioNe delle libertàPrimo Piano

...Centrodestra, pluralismo, fusio-nismo sono invece tutti temi cheGiorgia Meloni commenta e af-fronta senza paura. Come il suosolito. Senza perdere l’occasioneper spiegare programmi e azionifuture di Fratelli d’Italia. Il centro-destra è la sua casa, la sua futuracoalizione (forse), ma l’ex ministronon dimentica di ribadire la neces-sità di tornare al voto subito persuperare a destra chi, da sinistra,avverte lo stesso bisogno impel-lente: ridare voce agli italiani.

Il centrodestra unito vince, èd’accordo?

Dipende.Da cosa?Centrodestra e centrosinistra

sono categorie per me francamentesuperate. Credo che possa vincereuna proposta che metta al centrodiritti, bisogni e interessi nazionalidegli italiani.

Meglio correre da soli?Più si è, meglio è. Purché siano

chiari i contenuti, il posiziona-mento e i metodi di selezioni della

classe dirigente.È questo il segreto per vincere?Secondo me sì.Secondo lei c’è spazio in Italia

per un grande Partito repubbli-cano all’americana, plurale e fu-sionista?

Io sono troppo nazionalista perscimmiottare i partiti delle nazionialtrui. Ogni nazione ha la sua po-litica, la sua storia e i suoi valorifondanti. E deve avere partiti chesi fondano su questo.

Ma il Gop ha portato DonaldTrump alla Casa Bianca, o no?

Si guarda a The Donald congrande interesse, ma non dob-biamo dimenticare che Trump èstato fortemente osteggiato dalpartito soprattutto nella primafase della sua ascesa.

Quindi no...Direi che esiste in Italia uno

spazio per una proposta che sifonda sul concetto di sovranità,che difende i diritti dei molti con-tro gli interessi dei pochi rappre-sentati ora dalla sinistra radicalchic. Penso che ci sia assoluta-mente una maggioranza attorno aidee che parlano di difesa dei pro-pri confini, di rispetto delle regole,di garanzia di sicurezza, di conte-nimento dell’integralismo isla-mico, di azioni contro la povertà,di difesa della famiglia. Penso cheattualmente ci sia lo spazio perdire le cose un po’ politicamentescorrette per non piegarsi al pen-siero unico da sempre al serviziodei poteri forti.

Quando andare al voto?

Prima possibile, come accade intutte le democrazie degne di que-sto nome. Per noi si potrebbe vo-tare anche ad aprile.

Con quale legge elettorale?Si potrebbe votare con una

legge elettorale migliore di quellache c’è, ma non l’hanno fatto e orala parola deve passare agli italiani.

E a chi parla di Repubblica par-lamentare? Che risponde?

Chi dice che i governi non sonoscelti dal popolo ma dal Parla-mento insulta la Costituzione ita-liana.

Voterebbe con qualsiasi leggeelettorale, ma il proporzionale nonle puzza di vecchia politica?

Io infatti non sono per il pro-porzionale.

Qual è la sua legge elettorale

preferita?Sono per un premio di maggio-

ranza e per la governabilità.Molti dicono che il proporzio-

nale sia l’unica legge possibile inun sistema tripolare, è d’accordo?

Assolutamente no. Sarebbe unalegge fatta per fare gli inciuci.

Primarie subito?Certo. Primarie nel tempo ne-

cessario a consentirci di scegliereun portabandiera per le elezionipolitiche. Credo che si debba vo-tare il prima possibile, è logicoquindi che ci siano primarie ilprima possibile.

Nel centrodestra siete in contra-sto su diverse cose (Ue, Euro perdirne due), ma molti elementi viuniscono. Come nasce una coali-zione?

Meloni: “Un’alleanza intorno alla difesa della sovranità”

sabato 4 febbraio 2017

segue dalla prima

Tutto parte da una scelta: volerstare tutti nella stessa metàcampo. Ma non so se oggi c’è que-sta volontà nel centrodestra.

In che senso?Le coalizioni nascono per affer-

mare una visione del mondo. Cisono due modi di fare politica: af-fermare una visione del mondo odifendere interessi personali. A meinteressa il primo modo. E già suquesto non siamo tutti d'accordo.Detto questo, si sceglie quali ideedifendere.

Come la sovranità?Esatto. Quando io dico che la

principale idea che va difesa è lasovranità, lo dico perché è un pe-rimetro intorno al quale si puòtrovare una sintesi.

E in questo quadro magari at-taccare l’Ue...

Se mettiamo in chiaro che ciòche ci muove è l’interesse nazio-nale italiano, il tema dell’Euronon è più una questione ideolo-gica, ma diventa una questione diinteresse e opportunità.

Carlo Verdone direbbe: “Mast’Euro ce serve o nun ce serve”?

Bisogna valutare se la monetaunica sia un’opportunità o unproblema. Si analizzano pro econtro e poi si decide.

Pensa che questo valga ancheper la politica estera?

C’è un sorta di provincialismoche ci porta a tifare sempre perqualcun altro. “Matteo Renzi siabbottona il cappotto come Ba-rack Obama, ora tutti sono granditifosi di Trump”. Io penso che lapolitica internazionale vada misu-rata in base all’interesse nazionale.

Un esempio?Io sono stata contenta che

abbia vinto Trump perché HillaryClinton avrebbe condotto una po-litica estera in continuità conObama, il peggior presidente nellastoria Usa in politica estera: ci hafatto danni inenarrabili. Se quindisi ragiona in questo modo è piùsemplice trovare delle sintesi. Ecredo che le distanze alla finesiano sempre di meno. Tutto que-sto aiuta la formazione di coali-zioni.

Si alleerebbe mai con il Movi-mento 5 Stelle?

Al momento no. Me lo chiedein un giorno particolare. Sono al-legri distributori di polizze vita aloro insaputa (ride, ndr). Scherzi aparte: nei programmi il M5S,tranne che per le battaglie anti-

casta, si è sempre dimostrato distare dall’atra parte, cioè conl’establishment. Il M5S vota comeil Partito Democratico sulla ge-stione dei flussi migratori, sultema dell’Ue e dell’Euro, sul rap-porto con l’Islam, sulla sicurezza.Mi dispiace ma sono sempre dal-l’altra parte.

Teme un accordo Lega-Movi-mento 5 Stelle?

No, per le stesse ragioni.E se dovesse scegliere: meglio

Silvio Berlusconi o Matteo Sal-vini?

Negli ultimi tempi i miei rap-porti sono stati più stretti conMatteo. Ma le alleanze sono alle-anze. Alla manifestazione di ItaliaSovrana ho invitato tutti. Mi pia-cerebbe correre compatti alleprossime elezioni. Mi piace vin-

cere.Le Pen, Trump, Putin: chi è il

suo preferito e perché?Non affronto così la politica,

magari lo faccio con la musica.Hanno tutti e tre tratti interessantie tutti e tre stanno conducendo al-meno una battaglia che condivido.Con la Le Pen ci sono maggioricondivisioni sul rapporto conl’Ue. Ma ad esempio non condi-vido con Marine alcune posizionisui temi etici. Con Trump condi-vido sia il suo approccio alla que-stione migratoria che la suabattaglia contro la globalizzazionesenza regole, ma lo stile non èesattamente il mio. Credo infineche Putin sia un alleato preziosoper l’Italia e l’Europa nella lottaall’integralismo islamico.

Michele Di lollo

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Si parla da sempre di capitale intel-lettuale, ovvero di tutto quell’in-

sieme di conoscenze, dati edexpertise che appartengono adun’azienda, un professionista. Sitratta, per lo più, di materiale “in-tangibile”: idee, dati, progetti, cono-scenze, relazioni. Eppure è con leidee (e ormai non più solo con le fab-briche) che si produce ricchezza,posti di lavoro, opportunità.

Un dato di fatto constatato da tuttii più grandi ricercatori economici diquesto secolo, che si scontra, ancorauna volta, con il legislatore. Il Go-verno Italiano ha infatti deciso di “re-golamentare” le attività dei cosiddetti“incubatori d’impresa”, ovvero ditutte quelle aziende che si occupanodi investire in startup e accompagnarei giovani imprenditori verso lo svi-luppo dei propri modelli di business.

Si tratta di un tipo di attività esi-stente e fiorente in molte economie.L’idea è relativamente semplice: unteam di manager e consulenti (espesso imprenditori) analizza i pro-getti dei giovani startuppers e scegliesu quali investire. Oltre all’investi-mento vi è, di norma, un accompa-gnamento dell’impresa verso losviluppo della sua idea. Ad esempio imanager più esperti potranno pro-porre nuove idee, nuovi mercati ecc..

Ebbene, il Governo Italiano ha de-ciso di regolamentare anche questotipo di business, offrendo una certifi-

cazione agli incubatoriche rispettassero alcunirequisiti. Requisiti che,nel mondo delle star-tup, si riteneva potes-sero essere legati aivalori in azioni, al tipodi accompagnamento einvestimento proposto,alla modalità di investi-mento ecc.. Niente ditutto questo. Per il Go-verno italiano, e la suaultima legge, un incuba-tore certificato deveoperare in un immobiledi almeno 500 metriquadrati. Non importa,quindi, se il modellodella catena di montag-gio è finito, se Ford èstato superato, almenonei servizi, dal Cloud eda Internet, dalle chia-mate Skype e dalleemail. Per il Governoitaliano per fare im-presa innovativa deviavere una fabbrica.

Una legge che è stata

accolta con grande malumoredalla comunità tecnologicaitaliana, che già fatica ademergere per la concorrenzafiscale e burocratica degli altri

Paesi. Una legge che rischia di affos-sare tutte le promesse fatte per age-volare l’imprenditoria giovanile,l’innovazione e lo sviluppo tecnolo-gico. Affittare o comprare un edificio

4 l’OPiniOnE delle libertà Economia

di Elisa sErafini

sabato 4 febbraio 2017

Incubatori d’impresa certificati: la nuova legge che uccide le startup

di 500 metri quadrati non è solo unenorme costo per gli incubatori, maormai è pure inutile. Il mondo del-

l’innovazione si muove tra tastiere,schermi e file Excel. Molti startup-pers lavorano dai coworking, da

casa, dalle università. E perquesta ragione gli incubatorinon hanno bisogno di grandi spazi.

Anzi, legaregli startuppersdi un’impresai n n o v a t i v a

agli incubatori significa imporre unapresenza fisica che va a sovrapporsi aquella del dipendente subordinato.Un rischio che espone ad abusi, acosti inutili, ma alla riabilitazione di

tutto quel patrimonio immobiliareormai in disuso appartenente a ban-che e grandi fondi. Sarà per tutelarequesti interessi che è stata voluta lalegge?

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Game over. Il gioco dell’“Acco-gliamoli tutti” sta per finire: pa-

rola di Donald Tusk. Il presidente delConsiglio europeo, nel corso dell’in-contro con il premier libico Fayez al-Sarraj, ha annunciato che l’Unioneeuropea interverrà per sbarrare lastrada agli immigrati irregolari. “L’Ueha dimostrato di essere capace dichiudere le rotte di migrazioni irre-golari, come ha fatto nella rotta delmediterraneo orientale... possiamoriuscirci. Quello che serve è la pienadeterminazione a farlo”. Con questeparole l’esponente europeo ha scara-ventato un macigno sulle speranzedei buonisti di casa nostra di poterprolungare a oltranza il flusso di ar-rivi di clandestini sulle nostre coste.Visto che il Governo italiano non hapotuto, o voluto, fare nulla per fer-mare l’invasione sarà Bruxelles a farsicarico della soluzione del problema.

Tusk ha parlato a lungo con il Pre-mier Paolo Gentiloni ed è probabileche dal vertice di Malta escano solu-zioni più efficaci rispetto al passato.Ma sia chiaro a tutti che ci si muovesul crinale di pensiero dell’Unione,che è l’esatto opposto della filosofiache ha guidato finora l’Italia in tema

d’immigrazione. La soluzione allaturca, che è la medesima praticata dalGoverno Berlusconi con l’amicoGheddafi e sancita dal Trattato diAmicizia, Pace e Cooperazione italo-libico firmato a Bengasi il 30 agosto2008, potrebbe funzionare: denaro incambio di contrasto in loco alle atti-

vità illecite dei trafficanti di esseriumani. Non ci vuole un mago percomprendere che questa è la viad’uscita più valida e d’immediata at-tuazione contro l’aggravarsi della si-tuazione degli sbarchi incontrollati. Ilproblema è di volontà politica: se c’èvanno a farsi friggere tutte quelle

strampalate teorie sull’ineluttabilitàdelle migrazioni umane e sull’impos-sibilità di arrestarle perché “scrittedalla Storia, nella Storia”.

Se l’Ue riesce a chiudere il rubi-netto libico, l’Italia comincerà a ri-prendere fiato dopo che per quattroanni abbondanti ha subito passiva-mente il combinato disposto tra gliordini impartiti dal Vaticano di aprirele porte a tutti, la soddisfazione deimulticulturalisti di vedere realizzatoil paradiso in terra della società senzafrontiere e la gioia famelica di coloroper i quali l’accoglienza ha assunto leforme seducenti di un inesauribilefiume di denaro.

Sulla Ue che non ci ha ascoltato eche ci-ha-lasciato-soli si è molto di-scettato, anche dicendo idiozie, fal-sità e frasi a sproposito, ma ora laverità sta venendo a galla e il Go-verno italiano potrà fare molto pocoper confondere le acque: l’Europanon è e non sarà mai un luogo diporte spalancate a chiunque. Non c’èbuonismo che tenga: entra solo chi èautorizzato e gli è concesso di restarea patto che rispetti le leggi e le tradi-zioni dei luoghi che lo ospitano. L’Ita-lia o si adegua o è verrà isolata nelcontesto comunitario: i blocchi allefrontiere del Brennero e di Ventimi-

glia se non sono un warning in pienaregola al nostro operato ci somi-gliano parecchio. Ora bisognerà at-tendere per vedere come verràimplementata la nuova fase d’inter-vento della Ue e, soprattutto, quantosostegno alla linea indicata verrà as-sicurato dal Governo di Roma. Tut-tavia, il memorandum firmato dalprimo ministro Gentiloni con il pre-mier libico, ieri l’altro, è un segnaleimportante di riallineamento europeodella posizione italiana. È pur veroche a Palazzo Chigi e al Viminale sie-dono oggi due personaggi di benaltra sobrietà istituzionale rispetto alduo Renzi-Alfano, per cui è prevedi-bile che al nostro Paese verranno ri-sparmiate quelle scenette comiche da“Giggi er bullo” di renziana memo-ria. Resta tuttavia lo sgradevole re-trogusto di un’amara verità chefingiamo d’ignorare ma che si pre-senta puntuale nei momenti topicidella nostra storia recente: sul pianointernazionale, come Paese, daquando c’è la sinistra al potere siamomeno autonomi che in passato. C’èpoco da fare: siamo costretti a pren-dere ordini, visto che da soli non cela sappiamo cavare. Lo sappiamo noie lo sanno gli altri che ne approfit-tano.

5L’OPInIOnE delle Libertàsabato 4 febbraio 2017

L’Unione chiude la rotta libica verso l’Italiadi CRIStOFARO SOLA

Politica - Esteri

Egregio senatore a vita, è un Paesecivile quello nel quale un ammi-

nistratore di un ente di Stato, chevenga condannato in primo grado asette anni e mezzo per un episodiodrammatico, non è dimissionato?Che fine ha fatto il rispetto delle sen-tenze che tanto si invoca?

È un Paese civile quello nel qualeun ministro della Pubblica istru-zione indica nel curriculum una lau-rea che non possiede e non vieneinvitato alle dimissioni immediate?È un Paese civile quello in cui lebanche bruciano truffaldinamente irisparmi dei cittadini senza che nes-suno degli organi di vigilanza se neaccorga e intervenga preventiva-mente? È un Paese civile quello chea cinque mesi da un drammaticoterremoto che ha colpito quattro re-gioni e migliaia di persone con de-cine di morti, consegna solo venticasette da estrarre a sorte? È un

Paese civile quello in cui i processidurano all’infinito, spesso si pre-scrivono ed è sempre colpa delle fo-tocopiatrici che mancano, degliassistenti che scarseggiano o delletroppe cause che si intentano?

Bene, per noi caro Presidente eme-rito, sono molto ma molto “più inci-vili” questi motivi per un Paese chequello di portare il popolo al votoper dargli modo di esprimersi. Veda,caro Presidente, lei è persona troppocolta e intelligente per derubricare afenomeno di poca civiltà l’utilizzodella tattica in politica, perché se cosìfosse non ci sarebbero aggettivi perdefinire la nostra storia degli ultimidecenni. Oltretutto Matteo Renzil’ha voluto lei, Presidente Napoli-tano, visto che gli italiani non hannoavuto il piacere o il dispiacere di sce-

glierlo attraverso libere elezioni. NeiPaesi civili si vota ogni volta che sideve votare e poche o troppe chesiano le votazioni sono sempreespressione di democrazia, di libertàe di rispetto dei cittadini.

Due mesi fa il popolo italiano,anche se le sarà dispiaciuto, haespresso sul referendum un giudiziocosì netto e forte da far scioglierealtro che le Camere, ecco perché lagente vorrebbe votare. Noi siamo traquelli che pensano sia meglio qual-che votazione in più che qualche vo-tazione in meno, perché quando conun motivo o con l’altro si rimandatroppo puzza di bruciato. Del restola scusa del rischio di ingovernabilitàe del voto inutile tiene poco perchéda noi si è votato sempre tanto ep-pure siamo arrivati fino a oggi. Il

problema dunque non è tanto opoco, da noi il problema è la pauradi perdere, la paura del giudizio dellagente e questa paura nasce dalla con-sapevolezza che forse stavolta si èpassato il segno e i cittadini non nepossono più.

Inutile fare l’elenco delle ragioniche nel tempo hanno esasperato gli

animi, ci vorrebbe una cartiera, ep-pure la politica è riuscita a fareanche questo. Insomma, rimandarepuò avere senso solamente se si è ca-pito a che punto siamo arrivati ecosa serva per rimediare e creda, si-gnor Presidente emerito, in un Paesecivile normalmente si capisce subitoquel che c’è da capire.

Un Paese civile

Èpartita un’iniziativa italiana peril reintegro nel G8 della Federa-

zione Russa. È un’iniziativa giusta,opportuna e che tiene conto anchedegli interessi del nostro Paese.

I presidenti del Consiglio Italianodel Movimento Europeo (Cime), del-l’Istituto di ricerche sociali Eurispes edell’Istituto italiano per l’Asia e ilMediterraneo (Isiamed) hannoscritto una lettera aperta al presi-dente del Consiglio dei ministri,Paolo Gentiloni, sollecitando il no-stro Governo a farsi promotore diazioni affinché il presidente VladimirPutin possa essere presente al sum-mit di Taormina, al fine di costruire“ponti” e la necessaria, vera e posi-tiva collaborazione di pace per unaefficace cooperazione tra i popoli.

Come è noto, dal primo gennaiol’Italia ha la presidenza del G7, di cuisono membri anche gli Stati Uniti, ilCanada, il Giappone, la Germania, laFrancia e la Gran Bretagna. Gli altriPaesi dell’Ue sono rappresentati dalla

Commissione europea, che, si ricordi,non può ospitare i vertici ne presiederli.

Quindi a maggio a Taormina siterrà il prossimo summit dei capi diStato e di governo con la presenza dinuovi leader mondiali, come il presi-dente americano Donald Trump, ilprossimo presidente francese e ilprimo ministro inglese, Theresa May.È noto che, dal 1998 fino al 2014, alG8 ha partecipato anche la Federa-zione Russa. A seguito della crisi inUcraina, del referendum in Crimea edelle conseguenti sanzioni, è stataimpedita tale partecipazione.

Pertanto a Taormina, purtroppo,potrebbe non esserci, ancora unavolta, il presidente della FederazioneRussa. In merito riteniamo che ilmeeting possa essere l’occasione perl’Italia per spingere verso la riaper-tura di un dialogo costruttivo conMosca. La Russia, non sfugge a nes-suno, è un partner importante. Lo èancor di più per l’Unione europea, sedavvero si vuole agire per affrontarele tante questioni globali. La solu-zione di problemi quali quello dellasicurezza e delle migrazioni e ovvia-

mente quelli relativi ai costruendinuovi assetti pacifici e multipolari,non può prescindere dal coinvolgi-mento della Russia.

Si ricordi che il 2016 si è pur-troppo chiuso con il massacro terro-ristico di cittadini inermi nelmercatino di Natale a Berlino e il2017 è cominciato con l’orrendo at-tentato di Istanbul. Sono eventi chepongono al centro della politica eu-ropea ed internazionale la questionedella sicurezza, della pacificazione erisoluzione dei troppi conflitti regio-nali che, come dice il Papa, nel loroinsieme, anche se a pezzi, costitui-

scono la Terza guerra mondiale.Le grandi istituzioni internazio-

nali, a cominciare dall’Onu e dal-l’Unione europea, sono chiamate adassumere delle responsabilità dirette.Ma anche i vertici G20, G7 e G8sono importanti organismi di coor-dinamento per affrontare le causedelle tante tensioni legate soprattuttoalle maggiori sfide economiche e geo-politiche e dare indicazioni sulle so-luzioni più adeguate e condivise.Perciò riteniamo positivo che ilprimo ministro Gentiloni abbia giàsottolineato la necessità per tutti diabbandonare la logica della Guerrafredda, senza rinunciare ai principi;lo sono anche le recenti dichiarazionidel ministro degli Esteri, AngelinoAlfano, che sembra sollecitare il rien-tro della Russia nel G8. Ciò potrebbeaiutare anche la stessa Unione euro-pea a recuperare un ruolo più inci-sivo nel contesto internazionale. Ilvertice di Taormina, città di grandestoria proiettata nel Mediterraneo,potrebbe quindi essere davvero l’oc-casione per aprire nuove prospettivedi cooperazione e crescita comune.

L’esclusione della Russia sarebbe nonsolo inopportuna e ingiustificata, madarebbe l’impressione di una deci-sione negativa esclusiva dell’Europa,tenuto conto delle più recenti dichia-razioni del presidente degli StatiUniti. Mancando la Russia, oltre allaCina e all’India che non vi hannomai fatto parte, il G7 rischia di esserevisto nel mondo come un club diamici dell’Occidente. Un club diPaesi che, rispetto al loro Pil, sicura-mente occupano le prime posizionimondiali, ma hanno economie inprolungata stagnazione.

Si rammenti che le perduranti san-zioni incrociate con la Russia pena-lizzano esclusivamente le economieeuropee. In proporzione è l’Italia arimetterci di più. Se ciò è vero, comeè vero, il nostro Paese non può noncogliere l’opportunità di Taorminaper assumere un ruolo più incisivo edavere un maggiore spazio nella scenainternazionale, a partire dal Medi-terraneo e dalla stessa Europa.

(*) Già sottosegretario all’Economia (**) Economista

Summit di Taormina: riportare la Russia nel G8di MARIO LEttIERI (*)

e PAOLO RAIMOnDI (**)

di ELIDE ROSSI e ALFREDO MOSCA

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“Sister Act”, in programmazioneal Teatro Brancaccio di Roma

(fino al 12 febbraio), ospita in qua-lità di special guest Suor CristinaScuccia: la suora e cantante che haconquistato il pubblico del pro-gramma televisivo “The Voice ofItaly”. Una suora ispirata, e sap-piamo come le vie del Signore sianodavvero infinite. Mentre ad interpre-tare il ruolo di Deloris Van Cartier(sotto mentite spoglie di Suor MariaClaretta) c’è la spagnola Belìa Mar-tin, che ha spopolato nell’edizionespagnola del musical. Quest’ultima,esuberante voce nera, stravolge lavita del convento: s’è rifugiata nelluogo di fede per sfuggire all’amantegangster che vuole eliminarla perchéormai spiffera tutto alla polizia. Maal pubblico romano è piaciuto dav-vero tanto l’attore e conduttore tele-visivo Pino Strabioli che, per laprima volta in un musical, ha inter-pretato il ruolo di MonsignorO’Hara. La scenografia di GabrieleMoreschi si è ben armonizzata con ladirezione musicale di Stefano Brondie le coreografie di Rita Pivano. Ot-tima la regia di Saverio Marconi, chenei musical va considerato lo specia-

lista italiano che piace all’estero.Un successo sempre crescente

quello di Sister Act. Il palcoscenicodel Teatro Brancaccio per questomusical ha già conquistato nelle sueedizioni più di trentamila spettatori.

Alessandro Longobardi, direttoreartistico del Teatro Brancaccio e pro-duttore per Viola Produzioni, ha cosìdeciso di prolungare la permanenzaa Roma del musical: “Una scom-messa vinta: una squadra artistica eproduttiva straordinaria, dietro lequinte e sul palcoscenico, ha datovita a un musical unico, che ogni seraapre il cuore degli spettatori a tanteemozioni. Abbiamo voluto costruireuno spettacolo che porta al suo in-terno un’incontenibile energia - am-mette Longobardi - ma anche

momenti intensi ecommoventi, chescuota il pubblico,lo ravvivi, per stig-matizzare il periodocosì cupo chestiamo vivendo. Lamusica ci avvicinatutti e ci dà la giustaforza per sentircimeglio”.

Una storia pienadi ritmo, tra gan-gster e novizie, ro-sari, inseguimenti ecolpi di scena; 25splendidi brani mu-sicali, voci strepi-tose, coreografiefrizzanti, centinaia

di costumi e impo-nenti scenografieche accompagnanogli spettatori versoun coloratissimo edelettrizzante finale.

Una storia rino-mata ormai a li-vello mondiale ericca di colpi discena; ma è purointrattenimento:venticinque branimusicali scritti dal

premio Oscar Alan Menken che uni-scono soul, funky e disco anni Set-tanta, tradotti per l’Italia da FrancoTravaglio. Atmosfere da Broadway,cori gospel, paillettes e tonache bian-conere, vivaci coreografie e sceno-grafie d’impatto danno allospettacolo il tocco finale.

Ma Sister Act è storicamente il mu-sical con libretto di Cheri e Bill Stein-kellner, con la collaborazione diDouglas Carter Beane, e testi di GlennSlater e musiche di Alan Menken. È ba-sato sull’omonimo film di Emile Ardo-

7L’opinione delle Libertà

“Sister Act” spopola, in 30mila al Brancacciodi roberto MezzaroMa

sabato 4 febbraio 2017 Cultura

lino del 1992 conp r o t a g o n i s t aWhoopi Goldbergnei panni di Delo-ris/Suor Maria Cla-retta. La produzionelondinese del 2009

è stata di Stage Entertainment e WhoopiGoldberg, produttrice quest’ultimaanche della versione rivista e adattata aBroadway nel 2011. È la storia che si ri-pete, quella di Deloris Van Cartier, sca-tenata cantante dei night club diPhiladelphia che diventa suo malgrado

la scomoda te-stimone di unomicidio.

C’è ritmo,c’è tensione, unpoliziesco mu-sicale.

Undici artisti sul palco, tra attorie musicanti (“I Virtuosi del

Carso”): la compagnia del capoco-mico Paolo Rossi porta a Roma“Molière: La recita di Versailles”, alTeatro Vittoria fino al 12 febbraio. Apartire da “L’improvvisazione di Ver-sailles” (1663), e passando per “Ilmisantropo”, “Il Tartufo” e “Il ma-lato immaginario”, è tutto un rivi-vere le atmosfere dell’autore/attoreMolière, in stretto rapporto con laCommedia dell’Arte. A Paolo Rossichiediamo di parlarcene.

All’origine c’è un canovaccio deldrammaturgo Stefano Massini, e poiun testo scritto da lei con GiampieroSolari, che firma anche la regìa.

Ci sono state due fasi, questa diRoma è la “zerodue”, dove chiara-mente ci sono il contributo e gli sti-moli sia di Giampiero che di Stefano,ma poi il lavoro è stato fatto nelcorso delle repliche, in cui io conti-nuo a provare e dove abbiamo defi-nito il testo recitando “col” e non“al” pubblico: era però nei nostriprogrammi, nel nostro metodo, que-sto spettacolo è quasi un manifesto.Tutto nasce nelle prime rappresenta-zioni provando, correggendo, ridefi-

nendo di sera in sera. Non è un alle-stimento classico dove uno scrive acasa, poi un altro fa la regìa e va peri fatti suoi, come succede solita-mente. Qui, invece, c’è una primafase in cui hai dei confronti, ma dopoè tutto in trincea, molto un “teatrodel fare”.

La sua fascinazione per Molière?Uno dei fatti più importanti a tea-

tro è rubare, che è cosa buona, men-tre copiare è da coglioni. Rubarevuol dire mettere in gioco una seriedi altri elementi per cui ne nasce unonuovo, e Molière rubò molto a “lesitaliens”, alla compagnia di TiberioFiorilli, ai commedianti dell’arte: noici riprendiamo quello che ci hapreso, tutto qui. Poi c’è tutta la storiadella compagnia, del rapporto con ilPotere, la famiglia allargata, che rap-presentano molte similitudini con ilnostro lavoro e le nostre vite.

Proprio riguardo al rapporto colPotere: nella vostra messinscena per-mangono le tradizionali “stoccate”?

Quello che si crea è un mondo so-speso, dove possiamo dormire dal

Seicento a domanimattina, perché infondo la Storia, imeccanismi, si ripe-tono. Non si pos-sono fare i lazzi delMolière che ab-biamo portato inscena dieci anni fa,dove c’erano dellesferzate, delle bat-tute, e anche deglialtri prepotenti, per-ché non puoi fare -mi sembra impossi-bile oggi - la paro-dia della parodia. Ilmondo del Potere ègià una parodia diper sé, quindi sa-rebbe difficile imi-tare un imitatore;del resto siamonella società dellospettacolo, e quindiloro recitano megliodi noi: dobbiamotrovare altre vie.

Alla base del teatro c’è già unadifferenza tra le repliche da una seraall’altra, ma qual è l’importanza del-l’improvvisazione?

La nostra è molto jazzistica: c’èun testo, per cui ne puoi uscire, mapoi devi rientrare alla tal battuta. Epoi, diciamola tutta: c’è anche unagerarchia d’esperienze, pure se portiin giro discorsi di democrazia, il tea-tro non è un luogo estremamente de-mocratico; è come una nave, quindic’è il capitano, il nostromo, e via viaa scendere. Perciò, fintanto che il ca-pitano ha autorevolezza, non c’è am-

mutinamento, che invece è possibilee auspicabile nel caso in cui lui siafuori di testa. Chiaramente, io im-provviso un po’ di più, però devoraccontarti un aneddoto: il mio figliopiù piccolo è venuto a vedere lo spet-tacolo in tournée per 4-5 giorni, edopo l’ultima replica m’ha guardato:“Papà, tu dici che improvvisi sempre,ma è sempre uguale”. Questo suc-cede perché in realtà ci sono dei truc-chi, per cui quello che pareimprovvisato in realtà è fissatissimo,e viceversa.

Tanti gli artisti a condividere il

palcoscenico con lei: com’è il lavorodi gruppo?

L’ho sempre fatto. Anche se nonsiamo mai stati così numerosi; hosempre dietro una compagnia, nel-l’altro Molière eravamo 7-8. Poi,ogni tanto, faccio i monologhi per fi-nanziare gli spettacoli con più attori.Stavolta abbiamo il sostegno delloStabile di Bolzano, un po’ come ac-cadeva tra il Re Sole e Molière (eccoun altro parallelo calzante), e allorain questo caso, più che fare una sce-nografia maestosa, è giusto lavorareil più possibile.

Le canzoni originali sono di Gian-maria Testa, apprezzato cantautorescomparso di recente.

Non è un ricordo, con lui ab-biamo collaborato in alcuni eventi, esullo spettacolo “Arlecchino”. Primadi andarsene ci ha regalato delle can-zoni inerenti al tema del saltim-banco, del commediante, e le suemusiche sono suonate dal vivo daiVirtuosi del Carso, il gruppo chem’accompagna a teatro da un po’.

Tornando ai “furti” di Molière:quali sono i tratti della Commediadell’Arte che lei considera semprevivi?

È un genere che non morirà mai,perché molto legato alla nostra cul-tura, ai nostri caratteri. Noi privile-giamo la comicità di situazione,piuttosto che quella di battuta, fred-dura, nonsense, più anglosassone. Cene sono tanti di punti in comune,perché - se vuoi - passati centinaiad’anni, è arrivata la “commedia al-l’italiana”: anch’essa si basa su unasituazione, caratteri ben definiti etanta energia.

di Federico raponi Paolo Rossi prova i paralleli con Molière

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