Visconti e il E N I C Decadentismo E A R U T A R E T E L

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LETTERATURA E CINEMA 1 Vol. 5 - Cap. 10 - Visconti e il DecaDentismo © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS Nel panorama del cinema italiano Luchino Visconti (1906-1976) occupa un posto di rilie- vo ed è riconosciuto come uno dei grandi maestri del dopoguerra. La sua opera cinema- tografica copre l’arco di un trentennio, dal 1943 al 1976, e presenta un corpus di film significativi sia per il loro valore estetico, sia per le relazioni che intrattengono con il periodo storico e culturale nel quale sono apparsi. I film di Visconti hanno fatto discutere, e la loro presentazione al pubblico raramente è passata inosservata. Luchino Visconti costituisce un caso a sé nel cinema italiano: in molti suoi film è evidente il dialogo con la tradizione, con una società raffinata ed elitaria, profondamente legata al clima artistico e culturale del primo Novecento. Le origini fami- liari, la formazione culturale, la complessa personalità hanno contribuito a rendere vita- le il rapporto del regista con la letteratura, con il teatro, con la musica e con il melo- dramma. E così la scoperta precoce di una “vocazione teatrale”, l’idea di divenire dram- maturgo, il lavoro come arredatore nelle prime esperienze professionali con il teatro sono soltanto alcune delle tappe che portano Visconti sulla strada della regia, sia nel cinema che nel teatro. Nei film di Visconti le radici culturali che abbiamo ricordato sono sempre presenti, e fanno da sfondo in alcuni casi a opere che guardano al presente e alla contemporaneità del regista. In altri casi la riflessione sulla storia e sul destino individuale rimette in discus- sione personaggi ed eventi passati. Viene allora posto in evidenza il senso di perdita dovu- to alla caduta dei valori tradizionali che cedono il passo a nuovi modi di concepire la realtà e l’esistenza. L’accoglienza critica e i dibattiti sorti negli anni in cui questi film sono apparsi non sempre hanno reso giustizia all’opera di Visconti. Un momento di pausa sul set del film Lo straniero, con Marcello Mastroianni. Visconti e il Decadentismo

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1Vol. 5 - Cap. 10 - Visconti e il DecaDentismo© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS

Nel panorama del cinema italiano Luchino Visconti (1906-1976) occupa un posto di rilie-vo ed è riconosciuto come uno dei grandi maestri del dopoguerra. La sua opera cinema-tografica copre l’arco di un trentennio, dal 1943 al 1976, e presenta un corpus di filmsignificativi sia per il loro valore estetico, sia per le relazioni che intrattengono con ilperiodo storico e culturale nel quale sono apparsi. I film di Visconti hanno fatto discutere, e la loro presentazione al pubblico raramente èpassata inosservata. Luchino Visconti costituisce un caso a sé nel cinema italiano: in moltisuoi film è evidente il dialogo con la tradizione, con una società raffinata ed elitaria,profondamente legata al clima artistico e culturale del primo Novecento. Le origini fami-liari, la formazione culturale, la complessa personalità hanno contribuito a rendere vita-le il rapporto del regista con la letteratura, con il teatro, con la musica e con il melo-dramma. E così la scoperta precoce di una “vocazione teatrale”, l’idea di divenire dram-maturgo, il lavoro come arredatore nelle prime esperienze professionali con il teatro sonosoltanto alcune delle tappe che portano Visconti sulla strada della regia, sia nel cinemache nel teatro.Nei film di Visconti le radici culturali che abbiamo ricordato sono sempre presenti, efanno da sfondo in alcuni casi a opere che guardano al presente e alla contemporaneitàdel regista. In altri casi la riflessione sulla storia e sul destino individuale rimette in discus-sione personaggi ed eventi passati. Viene allora posto in evidenza il senso di perdita dovu-to alla caduta dei valori tradizionali che cedono il passo a nuovi modi di concepire larealtà e l’esistenza. L’accoglienza critica e i dibattiti sorti negli anni in cui questi film sonoapparsi non sempre hanno reso giustizia all’opera di Visconti.

Un momento di pausa sul set del film Lo straniero, con Marcello Mastroianni.

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La produzione cinematografica di ViscontiL’attenzione alla realtà è caratteristica della prima parte della carriera di Visconti. Il suoesordio come regista risale al 1943, con il film Ossessione, un adattamento per lo scher-mo del romanzo Il postino suona sempre due volte, dello scrittore americano James Cain.La vicenda presenta in maniera diretta temi come l’amore passionale, l’adulterio, l’omi-cidio, che sono scandalosi per l’epoca e suscitano reazioni negative nel pubblico. La scel-ta di un autore americano e della storia dei due amanti “maledetti”, è una dichiarazionedi poetica, un modo per uscire dall’ambito della produzione italiana del periodo, avver-tito da Visconti e dai suoi collaboratori come limitato e provinciale. La scelta di situare lavicenda nel ferrarese, lungo il Po, ha la funzione di radicare i personaggi in un ambienteben determinato, per dare loro maggior spessore. Mostrare il comportamento dei prota-gonisti senza limitarne l’azione e guardare da vicino i motivi che li guidano, fa emergereun quadro umano che dà al film un’impronta diversa rispetto alla produzione conven-zionale del periodo.A guerra finita, la ventata del Neorealismo introduce novità radicali, e su questa lineaOssessione diviene il film che aveva precorso i tempi. Visconti ad esso affianca, nel 1948,La terra trema, una delle opere più radicalmente legate alla poetica neorealista. È un filmispirato ai Malavoglia di Verga, girato interamente in Sicilia, ad Aci Trezza, e interpretatoda pescatori siciliani. Un film che fonde la poetica verista nelle immagini di personaggistoricamente e culturalmente determinati, mostrati nel loro ambiente di vita, nei loro ritmiquotidiani, nel proprio modo di esprimersi.Il primo Visconti è quindi nel segno di una attenzione alla realtà, e soprattutto La terratrema si distingue per la radicalità dell’approccio. Nel corso degli anni Cinquanta è il filmSenso (1954) che costituisce un punto di riferimento, perché segna il passaggio, secondoquanto afferma la critica dell’epoca, dal Neorealismo (che ha esaurito la propria vicenda)al realismo, cioè, nel caso specifico, alla rappresentazione accuratamente ricostruita diuna vicenda ambientata nel XIX secolo. Il film viene oggi unanimemente riconosciutocome un capolavoro, e stabilisce un elemento di confronto anche per le pellicole suc-cessive. Con Rocco e i suoi fratelli (1960), Visconti offre un contributo importante e ine-guagliato alla comprensione del fenomeno dell’emigrazione interna in Italia. Nella realtàdella città di Milano si innesta la saga familiare dei Parondi, immigrati dalla Lucania: perciascuno dei fratelli viene mostrato il diverso percorso alla ricerca di una integrazione. Ilfilm racconta una realtà in trasformazione, la analizza attentamente, la ricostruisce secon-do i moduli del dramma e dell’epica, in un’architettura rigorosa, con situazioni che par-lano con forza anche allo spettatore contemporaneo.In seguito l’attenzione torna all’Ottocento. Il Gattopardo (1963) racconta l’unificazioneitaliana partendo dalle pagine dell’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.Una vicenda collettiva e una pagina della storia italiana vengono viste attraverso il filtrodi una vicenda individuale, quella del principe di Salina (Burt Lancaster) che assiste all’a-

Una scenadel film

La terra trema,liberamente

ispirato aI Malavoglia

di Verga.

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scesa di una nuova classe sociale. Calogero Sedara ne è il rappresentante: arricchitosi direcente, è furbo e abile quanto è volgare. La sua mancanza di stile crea un contrasto net-tissimo con l’aristocratica figura di don Fabrizio. Il principe rinuncia a cariche politichenel nuovo parlamento e cerca di favorire il giovane nipote Tancredi, facendogli sposareproprio la figlia di don Calogero. La lunga sequenza del ballo nel palazzo Ponteleone

vede il trionfo della giovane coppia, mentre ilprincipe sente avvicinarsi la propria fine. Il suodeclino è anche il declino di un certo modo diguardare alla vita, di un’estetica, un gusto, unatradizione di rilievo innegabile. Con donFabrizio Visconti ha un rapporto di identifica-zione: come lui avverte il passaggio epocale, lafine di un mondo e l’ascesa della nuova bor-ghesia; come lui avverte la perdita di quelmondo. Tali temi troveranno sviluppo anche infilm successivi.Nel 1965, con Vaghe stelle dell’Orsa, il temadella caduta e della perdita viene rappresentatoattraverso il confronto che oppone i due figli diuna ricca famiglia ebrea di Volterra. Sandra eGianni si ritrovano nella casa familiare dopoanni di lontananza. Sandra vi arriva con il mari-to, un americano conosciuto a Ginevra. Ma,rientrata nella casa, la giovane donna viene assa-

lita da una inquietudine crescente. I fantasmi del passato riappaiono. La perdita del padre(ucciso in campo di concentramento) e i sospetti sulla madre, che si è risposata, avevanocreato un legame molto esclusivo tra fratello e sorella. Incontrando di nuovo Gianni illegame si rinsalda, ma torna anche lo spettro dell’incesto. Per Gianni il superamento del-l’adolescenza non è mai avvenuto, e l’amore per Sandra viene visto come un modo perchiudersi nel proprio mondo, restare legato al passato senza contatti con la realtà circo-stante. Il suicidio finale sigla l’impossibilità di tornare a un’armonia illusoria, a una com-plicità comunque perduta. Anche per questo film, che presenta una ambientazione con-temporanea, gli aspetti riferibili alle opere decadentiste sono molteplici. Lo è soprattuttoil nucleo drammatico: l’unione profonda tra fratello e sorella e la percezione della pro-pria unicità rispetto alle altrui esperienze. L’incesto diviene così esplorazione di un rap-porto d’amore assoluto, tra eguali, e che tuttavia non può esistere, perché si scontra conun tabù fondamentale dell’umanità.

Renato Salvatoriinterpreta Simonein Rocco e i suoifratelli.

Alain Delon eClaudia Cardinalenella famosa scena

del ballode Il Gattopardo.

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I capolavori dell’ultima fase: l’influsso di Proust e MannPer il Visconti dell’ultimo periodo (1969-1976) il distacco dal presente è una conquistameritata e coscientemente rivendicata. Dopo i film in cui i problemi della realtà sono alcentro dell’attenzione, il regista si concentra sui temi che maggiormente lo interessano,distaccandosi da una contemporaneità che dichiara egli stesso di non comprendere. Unprogetto che lo interessa moltissimo riguarda l’adattamento della Recherche di MarcelProust. Il regista ci lavora già dal 1965, nelle pause tra le regie teatrali e quelle cinema-tografiche. Purtroppo nel 1972 il progetto sfuma per problemi finanziari e la produzioneaffida l’idea a un altro gruppo di lavoro. Tuttavia, anche se viene meno l’occasione con-creta di mettere in scena il mondo del grande scrittore francese, nei film realizzati daVisconti dal 1969 gli elementi proustiani si fanno evidenti: sono film che presentano unaimmersione nel passato, la cui ricostruzione meticolosa assume i caratteri di una memo-ria sentimentale, oltre che di una impeccabile messa in scena.Con La caduta degli dei (1969), il tema della caduta e della dissoluzione investe una inte-ra famiglia, ed è associato a un momento chiave della crisi della società borghese: l’av-vento del Nazismo in Germania. La vicenda viene filtrata attraverso due archetipi lettera-ri, il Macbeth di Shakespeare, e il Doktor Faustus di Thomas Mann, mentre l’idea origina-ria del film è quella di una versione cinematografica dei Buddenbrook, il capolavoro diMann. Nella lotta per la supremazia nel mondo della grande industria, la famiglia vonEssembeck sceglie di sostenere il potere emergente del Nazismo. È una sorta di patto conil diavolo, perché Aschenbach, un demoniaco ufficiale delle SS, sfrutta le tensioni internealla famiglia per eliminarne progressivamente i componenti, fino a controllare completa-mente il giovane Martin, unico erede sopravvissuto, psicologicamente instabile. In unacatena di omicidi che prefigura sinistramente lo spettro dei crimini nazisti, fino alla solu-zione finale, la famiglia si dissolve lasciando campo libero al nuovo potere politico-mili-tare. Ma nessuno è veramente vittima, perché l’adesione stessa al Nazismo porta con sé larovina. Anche al di là degli aspetti simbolici, il film offre molteplici riferimenti al quadrostorico del periodo, dall’incendio del Reichstag, al rogo dei libri proibiti, alla “Notte deilunghi coltelli”, con lo sterminio delle SA (le squadre d’assalto, il primo gruppo paramili-tare del Partito Nazista). Eventi drammatici che, attraverso la rappresentazione del tradi-mento e della violenza, gettano una luce cupa e nitida sull’avvento del Nazismo, una tra-gedia orrida e crudele, che porterà al venir meno del senso stesso dell’umanità.Con Morte a Venezia (1971), tratto dal racconto omonimo di Thomas Mann, la ricerca delbello diventa una sola cosa con lo sgretolamento della coscienza, sullo sfondo dellacaduta degli ideali borghesi. Uno dei temi centrali del film è il dissidio tra arte e vita. Il

Helmut Berger interpreta Ludwig II, ultimo re di Baviera, nel film omonimo.

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musicista tedesco Gustav Von Aschenbach ha inseguito nella sua vita l’arte come armo-nia, come compiutezza e coerenza. Secondo lui c’è una continuità tra una vita morige-rata, gli affetti familiari e la creazione della bellezza attraverso l’arte. Giunto a Venezia,dove cerca riposo dopo un eccessivo affaticamento, viene sedotto dalla bellezza di unadolescente polacco, anch’egli in vacanza nel lussuoso hotel del Lido. Per rimanergli vici-no, resta a Venezia, nonostante la minaccia del colera, e alla fine ne muore. L’ultimaimmagine che ha negli occhi è quella del giovane che si allontana nell’acqua e che diven-ta diafano, quasi fosse una creatura soprannaturale. La novella di Thomas Mann, l’am-bientazione veneziana, l’estenuata ricerca della bellezza, sono elementi completamenteimmersi nella sensibilità decadente. Visconti li fa propri e li riscrive secondo una lineaproustiana, nella quale i ricordi (nel film sotto forma di flashback) illustrano il senso dellaricerca e le motivazioni del personaggio, che progressivamente si trova travolto da unapassione della quale egli stesso si stupisce.In Ludwig (1973), certo il film più rappresentativo per l’impegno produttivo profuso daVisconti, vengono sviluppati temi analoghi. Il protagonista questa volta è un personaggiostorico, Ludwig II, ultimo re di Baviera. La sua figura umana viene analizzata a fondo,mostrando la parabola che lo conduce dalla cerimonia di incoronazione fino all’ultimogesto della sua vita, il suicidio scelto per sfuggire all’internamento e alla perdita delle pro-prie prerogative regali. La figura di Ludwig sollecita l’interesse di Visconti: la sua è unavicenda “estrema”, che si conclude con una sconfitta. La sua solitudine, l’amore per l’ar-te, la vena di follia che lo pervade, sono aspetti che si manifestano sullo sfondo della dis-soluzione del regno di Baviera. Per sfuggire a una realtà che non accetta, Ludwig cerca dinegarla e si isola nei propri sogni e nelle proprie manie.Il film successivo è Gruppo di famiglia in un interno (1974). La grossolanità e il rumoredel mondo contemporaneo sono banditi dalla casa di un ex professore, collezionista dioggetti di pregio, libri e quadri, che riempiono un appartamento ricco di storia e di ricor-di. La vita irrompe fastidiosa e irritante nel suo mondo quando accetta di affittare l’ap-partamento che possiede al piano superiore. Da questo momento sono le vicissitudini diun gruppo familiare scombinato ad occupare l’attenzione del professore e a sconvolger-ne il modo di pensare. Soprattutto è Konrad, un giovane mantenuto, ad esercitare su dilui un certo fascino, perché potrebbe essere il figlio che il professore non ha mai avuto.Ma l’idea di instaurare un rapporto nuovo è illusoria, e si scontra con l’inconciliabilità didue modi di vita, ordinato e abitudinario il primo, caotico e trasgressivo il secondo. Lamorte di Konrad mette fine all’illusione e anche il professore muore poco dopo.L’ultimo film di Visconti è L’innocente (1976), tratto dal romanzo omonimo di Gabrieled’Annunzio. Rispetto all’originale, i numerosi cambiamenti apportati sono sintomi di unapresa di distanza, di una rilettura dell’opera letteraria alla luce di una differente sensibi-lità. Il protagonista, un superuomo dannunziano, viene trasformato in un essere turbatoche, spinto dalla gelosia, uccide un bambino innocente, frutto dell’adulterio compiutodalla moglie. In seguito si toglie la vita, espiando la propria colpa. La diversità dello sguar-do adottato nel film mette in luce la falsa coscienza del protagonista, ne smaschera ilvuoto desiderio di possesso. Nell’insieme, il romanzo di d’Annunzio viene arricchito eorientato verso il riconoscimento della contrapposizione tra maschile e femminile, in cuiil protagonista perdente è un eroe decadente e negativo.

Una scena del filmL’innocente,

con GiancarloGiannini

e Laura Antonelli.

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6 Vol. 5 - Cap. 10 - Visconti e il DecaDentismo© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS

Il legame con la letteratura

Dai film che abbiamo ricordato emerge una galleria di temi, di personaggi e di situazio-ni che costituiscono il lato più personale della produzione del regista. Se la sua attenzio-ne va anche alle grandi questioni dell’Italia a lui contemporanea, seguendo la sua veravocazione, Visconti imbocca la via che lo riporta alle origini della propria formazione cul-turale, in sintonia con gli autori prediletti, tenendo ben ferma la convinzione della fon-damentale autonomia della ricerca estetica. L’amore per la bellezza, la sensazione del-l’irrimediabile perdita e della caduta, insite nel fatto stesso di essere al mondo, sono tuttielementi e aspetti che si rifanno a una sensibilità che era anche quella dei grandi autoritra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento: Thomas Mann e Marcel Proust in par-ticolare. In questa luce Visconti non appare tanto un “decadente”, piuttosto la sua pro-duzione è nel segno del recupero, per motivi anche biografici, di una sensibilità artisticaed estetica radicata in un ambito che è quello del Decadentismo europeo e delle proble-matiche estetiche, storiche, culturali che vi sono connesse.I film di Visconti sono sempre, più o meno direttamente, legati a testi letterari, e in essi larappresentazione si fa particolarmente acuta, perché si avverte sia la visione della societàe dell’epoca filtrata attraverso la sensibilità dell’autore, sia lo sguardo indagatore e lacompetenza del regista stesso. Il lavoro di adattamento del testo letterario non si traducemai in un piatto adeguamento al linguaggio cinematografico. Visconti rielabora situazio-ni e personaggi attraverso la propria sensibilità: il racconto di una società malata, dellacrisi, della perdita, ha per il regista anche sfumature autobiografiche. Lo sguardo al pas-sato significa allora avviare una ricerca, liberare il valore conoscitivo della memoria emantenere un riferimento costante alla Recherche, opera emblematica dell’approccio cheVisconti adotta verso la ricostruzione cinematografica del passato, inaugurata dalla metàdegli anni Cinquanta con la realizzazione di Senso.

Il Decadentismo nella poetica di Visconti

Nel dibattito critico tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta Visconti ha spesso ricevutol’etichetta di “regista decadente”, cui era attribuito un giudizio negativo. Si contrappone-va a quella, positiva, di regista “impegnato” nei confronti della realtà, e capace di man-tenere un atteggiamento critico nei suoi confronti. Definire “decadente” un regista signi-ficava quindi avanzare una tacita accusa, che stigmatizzava il suo atteggiamento di “con-templazione passiva” rispetto alla realtà e la fuga verso dimensioni estetizzanti, troppopersonali, o addirittura morbose. Soprattutto durante la seconda parte della carriera diVisconti, questa etichetta limitativa è ritornata più volte nei giudizi critici, mentre la suaopera si muoveva verso le dimensioni del passato e della memoria, secondo una linea diricerca molto personale. Una ricerca che prendeva una direzione divergente rispetto aipercorsi avviati dalle nuove tendenze del cinema degli anni Sessanta e Settanta.Vista oggi, la contrapposizione tra “realismo” e “decadentismo” nuoce alla comprensionedell’opera di Visconti. Anche se è vero che nella sua filmografia si trovano sia opere orien-tate verso la lettura e la comprensione di realtà contemporanee, sia opere in cui si nota unripiegamento verso temi più personali, il valore complessivo dell’opera viscontiana è fuoridiscussione, come è indubbio il valore delle opere più personali. Piuttosto, risulta interes-sante cercare di comprendere le modalità secondo cui all’attenzione alla realtà si sostitui-sce quella al passato, e le ragioni per cui i problemi posti dalla contemporaneità vengonofiltrati dal mito, dall’epica, dal melodramma. Tutto ciò senza dimenticare gli aspetti pecu-liari del cinema di Visconti: il raffinato gusto per la bellezza e per la compiutezza dell’o-pera filmica, la forma del film rigorosa e pienamente significante e la grande capacità dirappresentare personaggi complessi, attraverso la sapiente direzione degli attori.Sul “decadentismo” di Visconti occorre insomma fare distinzioni precise e guardare dauna prospettiva che non precluda la possibilità di comprendere appieno alcuni dei filmpiù significativi del regista. Ciò che conta soprattutto è riconoscere nel lavoro di Viscontiil confronto con autori di grande rilievo, molti dei quali esponenti del Decadentismo. PerVisconti lo spirito del Decadentismo era quello di Marcel Proust e di Thomas Mann e ditutta la complessa temperie culturale del periodo. Un fenomeno culturale europeo, chesuperava di molto i confini italiani. Nel 1975, in un’intervista pubblicata sul periodicofrancese l’Avant-Scène, ebbe a dichiarare a questo proposito:

Quante volte si è parlato di me come di un “decadente”. Ma io ho della “deca-denza” un’opinione molto alta, come l’aveva Thomas Mann per esempio. Sonoimbevuto di questo spirito.

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La ricerca estetica nei film “decadenti” si spiega anche considerando la sensibilità arti-stica coltivata fin da ragazzo, che si comprende pensando all’estetismo di certe paginedella Recherche di Proust, al valore dell’esperienza individuale concepita come espe-rienza unica, irripetibile e, per conseguenza, il ruolo centrale affidato alla memoria indi-viduale, che permette di accedere all’interiorità del personaggio. È ancora Visconti (in unaintervista del 1969) a raccontare il primo contatto con l’opera del grande scrittore fran-cese e la considerazione che il padre nutriva per il primo volume della Recherche.

Accortosi del mio stupore per tanto interesse, egli smise la lettura per un attimo emi confessò che soffriva ad ogni pagina voltata, pensando che ben presto quelromanzo prodigioso sarebbe arrivato alla fine.

Proprio la realizzazione di un film ispirato all’opera di Proust avrebbe dovuto costituirel’apogeo artistico di Visconti, ma il progetto lungamente inseguito svanì definitivamenteall’inizio della lavorazione di Ludwig, nel quale il regista riversò uno spirito che avrebbepotuto essere quello della Recherche. Come nella Recherche, infatti, in molti film diVisconti le vicende individuali si svolgono sullo sfondo di periodi storici di transizione eil contrasto tra vecchi e nuovi valori si incarna nei personaggi e nei loro conflitti. La vit-toria del nuovo prelude a una perdita che spesso è dolorosa: all’ineluttabilità del muta-mento si affianca un senso di irreparabilità che può trascinare con sé il destino di un per-sonaggio.

Bibliografia

Alessandro Bencivenni, Luchino Visconti, Milano, Il Castoro, 1995Luciano De Giusti, I film di Luchino Visconti, Roma, Gremese, 1985Lino Micchiché, Visconti e il Neorealismo, Venezia, Marsilio, 1990; Luchino Visconti. Unprofilo critico, Venezia, Marsilio, 1996Veronica Pravadelli (a cura di), Il cinema di Luchino Visconti, Roma, Quaderni di BIancoe Nero, 2000Gianni Rondolino, Luchino Visconti, Torino, Utet, 1981Bruno Villien, Visconti, Milano, Vallardi, 1987

Filmografia

Lungometraggi di Luchino Visconti:

Ossessione (1943)La terra trema (1948)Bellissima (1951)Senso (1953)Le notti bianche (1957)Rocco e i suoi fratelli (1960)Il Gattopardo (1963)Vaghe stelle dell’Orsa (1965)Lo straniero (1967)La caduta degli dei (1969)Morte a Venezia (1971)Ludwig (1973)Gruppo di famiglia in un interno (1974)L’innocente (1976)

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8 Vol. 5 - Cap. 10 - Visconti e il DecaDentismo© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS

Dirk Bogarde è il musicista tedesco Gustav von Aschenbach, protagonista del film.

L avoro sul testo

Morte a Venezia

Organizza con i compagni di classe e l’insegnante la visione del film Morte a Venezia (1971), ispi-rato al lungo racconto omonimo di Thomas Mann, pubblicato nel 1912.– Individua le macrosequenze principali del film e riassumile.– Rifletti su come è costruito l’intreccio: qual è il valore dei frequenti flashback che interromponola vicenda principale?

– Descrivi il protagonista del film, il compositore Gustav von Aschenbach, riassumendo per puntile caratteristiche più evidenti della sua personalità.

– Come viene connotato da Visconti l’ambiente che fa da sfondo alla vicenda? Quale impressionetrasmette? Potrebbe giustificare la definizione di “regista decadente” di cui si è parlato alle pagg.6-7?

Durante la prima serata nel “Grand Hotel des Bains”, la sede del suo soggiorno veneziano,Aschenbach ricorda un importante scambio di opinioni con un amico. Dalla memoria del collo-quio affiorano alcune importanti affermazioni: l’artista è paragonato a un cacciatore che si muovenell’oscurità, ma non è la realtà a guidarlo: La bellezza preesiste alla presunzione dell’artista… Lacreazione della bellezza è un atto spirituale… L’arte è il mezzo più elevato di educazione.Riferendoti alla concezione sacrale dell’arte di Aschenbach e a quel che hai letto sul Decadentismo,a quali altri personaggi di opere narrative del periodo da te conosciuti può essere accostato il com-positore tedesco e perché?

Nel brano tratto dall’opera Tonio Kröger di Thomas Mann presentato alle pagg. 675-677 di Contestiletterari 6, il protagonista è un anch’egli un artista, che ha pagato al prezzo di una profonda solitu-dine la sua dedizione all’arte. Confronta Tonio Kröger e Gustav Aschenbach e stabilisci analogie edifferenze.

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Un’immagine del giovanissimo Björn Andresen (Tadzio) sulla spiaggia del Lido di Venezia.

Tonio Kröger e Aschenbach sono confrontabili per il senso di esclusione che entrambi provano neiconfronti dell’ambiente in cui sono inseriti. Descrivi quali tipi di ambienti sono ritratti rispettiva-mente nel testo proposto alle pagg. 675-677 di Contesti letterari 6, e nel film visionato. Che tipo disocietà viene rappresentata e qual è il ruolo dei due protagonisti all’interno di essa? È un ruolo atti-vo o passivo? Interagiscono con l’ambiente o si pongono nella posizione di spettatori?

Un tema molto importante nel film è quello dell’ineluttabilità della malattia, della vecchiaia e dellamorte, che nell’ultima parte rende patetico e inutile il tentativo del protagonista di ringiovanire sottole abili cure del barbiere veneziano. Anche Proust, a conclusione della Recherche, descrive lasocietà degli esclusivi salotti parigini da lui sempre frequentata, ora pervasa da chiari segni di deca-denza, che prefigurano la sua dissoluzione. – Individua in quale modo Visconti e Proust trasmettono rispettivamente il senso della vecchiaia edella fine imminente dei loro personaggi, ma anche della società cui appartengono.

– Il ruolo della memoria è fondamentale in entrambe le opere: perché possiamo affermare questoa proposito di Aschenbach? Che cosa soprattutto determina il suo senso di scacco e disillusione?

Da una parte la vicenda individuale di un artista: dalla gloria del successo e dalla sicurezza degliaffetti all’amara incomprensione, all’infelice situazione esistenziale, alla malattia, alla passionecensurata per il giovane Tadzio e tuttavia tenace e perturbante; dall’altra il tramonto di un’epoca,simbolicamente rappresentato da Visconti in una Venezia crepuscolare e ammorbata dal colera.Relaziona, in un saggio breve, le tue riflessioni su questo rapporto tra un personaggio e un’epoca.

Leggi il lungo racconto La morte a Venezia di Thomas Mann e paragonalo alla sua versione cine-matografica. Relaziona oralmente alla classe su ciò che ti ha maggiormente colpito nel confrontotra le due opere.

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10 Vol. 5 - Cap. 10 - Visconti e il DecaDentismo© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS

Don Fabrizio di Salina (Burt Lancaster) si guarda nello specchio, nel quale la macchina da presa fa riflettereil giovane nipote Tancredi (Alain Delon).

Il Gattopardo Il romanzo che Giuseppe Tomasi di Lampedusa scrive negli ultimi anni della sua vita esplode postumocome uno dei massimi successi e casi letterari del dopoguerra (cfr. Contesti letterari 7, pagg. 211-218).Non appena legge il romanzo di Tomasi di Lampedusa, Visconti, apprezzandone il vitale intrecciarsidi vita interiore e vita sociale, decide di trarne un film.Nel romanzo, così come nella versione cinematografica, la tradizione legata al realismo si unisce aduna più cupa e misteriosa vena decadente. Dietro alla realtà, descritta e rappresentata minuziosa-mente in ogni dettaglio, traspare una profonda introspezione psicologica. I cerimoniali del protago-nista don Fabrizio di Salina descritti da Visconti, la preghiera, la vestizione, la caccia, il pranzo e ilballo, non si esauriscono mai nella pura illustrazione, ma alludono sempre ad un significato menoapparente; suggeriscono ai protagonisti il loro essere effimero, sfuggevole e precario, la loro fineimminente. Tutto, nel romanzo e nel film, converge nello struggente ritratto della fine del principe donFabrizio, che è il vero tema dominante del film. Il suo culmine è nel ballo, posto a fine della vicen-da e dilatato da Visconti sino ad occupare un terzo dell’opera. Tra lo sfarzo esteriore il regista inseri-sce quegli aspetti luttuosi di cui Tomasi di Lampedusa ha intessuto tutto il romanzo. La spettacolaritàdella festa diventa contemplazione interiore. In quell’illusoria vitalità, don Fabrizio presagisce la fineimminente non solo della vecchia aristocrazia in declino di cui egli peraltro fa parte, ma della suastessa vita. Durante il ballo l’introspezione del protagonista si tinge di tinte ancor più cupe.Corteggiando la morte egli contempla il quadro di Greuze La morte del Giusto presagendo la propria.Quando la festa volge al termine, Visconti riprende il principe mentre si osserva nello specchio. Lamusica, un inedito valzer di Verdi, tace per un istante; con un lungo primo piano, la macchina dapresa si arresta sull’immagine riflessa, per poi soffermarsi in controcampo sullo stesso volto in lacri-me. Don Fabrizio, anche se circondato dalla festa e dai suoi partecipanti, è solo con il proprio iocome a compiacersi di un pensiero di morte che lo rende così vivo. Visconti rende meravigliosamen-te l’intuizione di morte del protagonista, esaltando la sua solitudine nella affollata vanità mondana.Con il gioco degli specchi, il ricorso alle lacrime e quel gusto melodrammatico tipici del suo stile, ilregista interrompe il romanzo al suo culmine lirico. Quel don Fabrizio principe di Salina che nelromanzo incontrerà la morte, è nella versione cinematografica un uomo che tra le rovine di casediroccate si allontana per poi sparire nel buio.

In alcune sequenze del film, Visconti utilizza delle tecniche particolari, come ad esempio il primo pianoe il primissimo piano che inquadra il volto dei personaggi, ottenendo quasi un effetto di fermo immagine. Soffermati sulla scena del ballo, in particolare sul momento in cui il protagonista don Fabrizio,allontanatosi dalla sala, si apparta in uno studiolo dove la vista del quadro La morte del Giusto lofa meditare sulla propria vita, sullo scorrere inesorabile del tempo, e quindi sulla propria morte.Presta attenzione ai lunghi primi e primissimi piani che immobilizzano il volto del protagonista.Che cosa ha cercato di suggerire Visconti con tali tecniche, quale aspetto della personalità di donFabrizio ha voluto evidenziare?

Rintraccia nel film altre sequenze in cui il regista si è servito di tecniche analoghe (primi e primis-simi piani), analizzando in particolare le due sequenze, una iniziale, l’altra durante il ballo, in cuii personaggi si guardano allo specchio. Che cosa Visconti ci vuole far vedere? Quale aspetto delpersonaggio vuole sottolineare?

Visconti realista e Visconti decadente. Trova nel romanzo e nel film, in particolare durante la scenadel ballo, elementi per ognuno dei due aspetti con cui si definisce la poetica del regista. Pensasoprattutto al modo in cui il regista rappresenta il palazzo di Ponteleone, gli abiti, il banchetto, lasocietà in generale e all’attenzione data anche all’interiorità e alla psicologia dei personaggi, alsenso del tempo e della morte.

In quali scene, secondo il tipico gusto decadente, l’interiorità del personaggio si riflette sul paesag-gio circostante inteso anche come ambiente interno?

Il protagonista del film, don Fabrizio di Salina, per la scelta di vita e di pensiero potrebbe essereaccostato ad un eroe pascoliano? Pensa alla sua introspezione, a quella tendenza a guardarsi den-tro, alla nostalgia del tempo che è passato e che corre verso la morte, al sottile pessimismo verso lasocietà contemporanea cercando di rintracciare analogie e differenze.Per quali aspetti potrebbe invece essere accostato ad un eroe dannunziano? Pensa al suo vitalismoe attivismo, al suo modo di reagire e di rapportarsi con la società.

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L’invito al ballo strappa il Principe alla pensosa contemplazione di una copia della Morte del Giustodi Greuze.

Visconti e le arti figurative

Oltre ai riferimenti alle opere letterarie dicui si è parlato, nella produzione cine-matografica di Visconti si possono rin-tracciare evidenti ed espliciti legami conil mondo delle arti figurative. Nel suo lin-guaggio cinematografico Visconti recu-pera e fa propria la dimensione unitariadell’arte che è una delle lezioni più rivo-luzionarie annunciate da Simbolismo eDecadentismo e proclamate esplicita-mente dalle Avanguardie del primoNovecento.Nei film di Visconti abbondano le sugge-stioni pittoriche, le analogie, i richiamisoprattutto alla cultura figurativa italianadell’Ottocento, all’Impressionismo fran-cese e al mondo artistico mitteleuropeo.Ne sono esempio le immagini riprodotte.

Nel film Senso (1954) la ricostruzionedella stanza in cui Livia si reca a cer-care l’amante Franz Mahler, un uffi-ciale austriaco, ha per modello lacosiddetta Toeletta del mattino diTelemaco Signorini (1835-1901), per-sonalità preminente del gruppo deiMacchiaioli. La scena del bacio traLivia e l’ufficiale è ispirata invece alcelebre Bacio di Francesco Hayez(1791-1882), del quale Visconti ripro-pone fedelmente l’abbraccio avvol-gente dei due amanti.

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Ne Il Gattopardo, nella celebremacrosequenza del ballo, non puòsfuggire il parallelo tra il fotogram-ma riprodotto e il dipintoL’imperatrice Eugenia e le suedamigelle, del tedesco Franz XaverWinterhalter (1805-1873). Nellasequenza conclusiva dello stessofilm, Visconti rende inoltre omaggioal suo musicista prediletto,Giuseppe Verdi, ispirandosi al ritrat-to dell’artista realizzato daGiovanni Boldini (1842-1931) nellarappresentazione del principe diSalina all’uscita del ballo.

Oltre che ispirarsi agli artisti indica-ti, Visconti frequenta a ParigiBraque, Dalí, Picasso, Matisse; siavvale sul set della collaborazionedi Dalí e Renato Guttuso ed espri-me la sua ammirazione, tra gli altri,per Giorgio Morandi e GiovanniFattori. Che tipo di visione esteticapresuppone questo legame tantostretto tra linguaggi così diversicome il cinema, la letteratura e learti visive?

Qual è il rapporto con le arti figura-tive (ma pensa anche alla musica)di Simbolismo e Decadentismo?

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