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COMUNE DI BISIGNANO (CS)

RELAZIONE GEOLOGICA – INTERVENTO DI RECUPERO, RESTAURO E MIGLIORAMENTO SISMICO DELLA CHIESA DELLA RIFORMA, XIII SEC. SANTUARIO SANT’UMILE - 1° LOTTO FUNZIONALE

Geol. Malivindi dott. Carmine Via Venezia, 48 – 89010 - Molochio (RC) e-mail: [email protected] – Pec: [email protected]

Tel/Fax 0966.010004– Cell. 3294668503

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I N D I C E

PREMESSA PAG. 1 METODOLOGIA D’INDAGINE PAG. 3 BREVI CENNI STORICI RIGUARDANTI LA CHIESA, CONDIZIONI STRUTTURALI ATTUALI E INTERVENTI DI PROGETTO PAG. 4

GEOLOGIA, GEOMORFOLOGIA, IDROLOGIA ED IDROGEOLOGIA INQUADRAMENTO TERRITORIALE ED UBICAZIONE GEOGRAFICA PAG. 10 INQUADRAMENTO GEOLOGICO REGIONALE PAG. 14 ASPETTO GEOLOGICO LOCALE PAG. 21 INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO PAG. 25 INQUADRAMENTO IDROLOGICO ED IDROGEOLOGICO PAG. 29 INQUADRAMENTO GEOTETTONICO E GEOSTRUTTURALE REGIONALE PAG. 35 INQUADRAMENTO SISMOTETTONICO E STRUTTURALE LOCALE PAG. 39 SISMICITÀ STORICA PAG. 47 ANALISI DEI VINCOLI PAG. 50 CARATTERISTICHE LITOTECNICHE DEI TERRENI E MODELLI GEOLOGICO E GEOTECNICO PAG. 53 CONCLUSIONI PAG. 57 BIBLIOGRAFIA PAG. 61

ALLEGATI NEL CORSO DELLA RELAZIONE:

Corografia (Scala 1:25.000) Stralcio Aerofotogrammetrico (Scala 1:5.000) Stralcio Catastale (Scala 1:2.000) Stralcio Carta Geologica della Calabria Foglio 229 sez. I N.E (Scala 1:25.000) Stralcio Carta Geologica P.S.C. Bisignano (Scala 1:10.000) Stralcio Cartografia ISPRA - Progetto IFFI (Scala 1:10.000) Cartografia P.A.I. Rischio Frana - Rischio Idraulico Cartografia P.A.I. Rischio Idraulico Stratigrafia Sondaggio 1 e 2 Sezione Geologica

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PREMESSA

La PROVINCIA DEI FRATI MINORI DI CALABRIA ha incaricato, con Convenzione Prot. n. del 15.11.2017, il sottoscritto Geologo Malivindi Carmine Responsabile dell’Ufficio Tecnico della

medesima Provincia e iscritto all’Ordine dei Geologi della Calabria con n. 770, di redigere lo Studio

Geologico definitivo/esecutivo inerente l’“Intervento di Recupero, Restauro e Miglioramento Sismico della Chiesa della Riforma, XIII sec. SANTUARIO SANT’UMILE - 1° LOTTO FUNZIONALE” ubicato nel centro abitato del Comune di Bisignano (CS).

Lo studio geologico qui di seguito esposto è stato effettuato al fine di consentire una valutazione

delle caratteristiche geologiche, idrogeologiche e delle dinamiche geomorfologiche in relazione alle

ipotesi di progetto.

Per tale motivo sono stati effettuati dei sopralluoghi in loco anche allo scopo di verificare quanto

riportato dalle diverse fonti bibliografiche analizzate:

Corografia della Provincia di Cosenza scala 1:25.000

Aerofotogrammetria Comune di Bisignano (CS) - Cartografia Tecnica Regionale (CTR) scala 1:5.000;

Carta Geologica della Calabria 1:25.000 (Foglio n° 229 Sez. I S.O. Tavoletta “Bisignano”);

Cartografia ISPRA - Progetto IFFI scala 1:10.000;

Cartografia P.A.I. Rischio Frana

Cartografia P.A.I. Rischio Idraulico

Studi ed Indagini eseguiti in precedenza nel territorio comunale ed in particolare nell’area di

studio;

Materiale bibliografico vario.

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Riferimenti Normativi - Decreto Presidente Repubblica n. 380/2001: Provvedimenti per le costruzioni con particolari

prescrizioni per le zone sismiche.

- Decreto Ministero Lavori Pubblici del 11 Marzo 1988: Norme tecniche riguardanti le indagini sui

terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni

per la progettazione, l'esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di

fondazione.

- Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI) – Linee Guida: ai sensi dell’art. 1-bis della

Legge n°. 365/2000, dell’art. 17 della Legge 18 Maggio 1989 n°. 183, dell’art. 1 della Legge 3 Agosto

1998 n°. 267.

- Decreto Ministero Infrastrutture e Trasporti 14 Gennaio 2008: Norme Tecniche per le

Costruzioni.

- Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici – Circolare 2 Febbraio 2009: Istruzioni per

l'applicazione delle Norme Tecniche per le Costruzioni di cui al D.M. 14 Gennaio 2008.

- Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici – Allegato al voto n°. 36 del 27 Luglio 2007: Pericolosità sismica e criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale.

- Legge Regionale 19 Ottobre 2009 n. 35 e succ. mod. e integr.: Procedure per la denuncia, il

deposito e l’autorizzazione di interventi di carattere strutturale e per la pianificazione territoriale in

prospettiva sismica.

- Regolamento Regionale 28 Giugno 2012 n. 7: Regolamento di attuazione procedure L.R. n.

35/2009.

- Legge Regionale n. 37/2015 e succ. mod. e integr.:: Procedure per la denuncia, il deposito e

l'autorizzazione di interventi di carattere strutturale e per la pianificazione territoriale in prospettiva

sismica.

- D.Lgs. n. 50/2016: Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE

sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli

enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino

della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.

- Regolamento Regionale del 29 Novembre 2016 n. 1: Regolamento di attuazione procedure L.R.

n. 37/2015.

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METODOLOGIA D’INDAGINE

In base a quanto è risultato dai primi sopralluoghi il lavoro è stato organizzato nelle seguenti fasi:

1) Lo studio geologico ha avuto inizio a partire dai dati disponibili in letteratura per una vasta e

significativa area intorno ai siti di progetto riguardanti la descrizione litologica delle formazioni

affioranti, le loro età, i loro rapporti stratigrafici e strutturali e l'evoluzione geomorfologica dei

luoghi.

2) Esecuzione di un rilevamento geologico di dettaglio che ha fornito una chiara visione della

situazione geologica e geomorfologica locale, dello stato di alterazione e degradazione dei

terreni.

3) Ricostruzione del Profilo Geologico attraverso le Indagini Geognostiche effettuate in passato

nell’area in esame ed in quelle limitrofe ad essa:

N. 4 Tomografie sismiche con lunghezza complessiva delle stese sismiche pari a 360

metri;

N. 2 Sondaggi geognostici a carotaggio continuo con prelievo di 8 campioni, uno

attrezzato con tubi inclinometrici (S1) e l’altro attrezzato con tubi piezometrici (S2);

N. 7 Standard Penetration Test (SPT) all’interno dei fori di sondaggio;

Prove di laboratorio geotecnico sui campioni indisturbati;

N. 1 Profilo Sismico Masw;

e le Indagini Geognostiche Integrative da noi effettuate:

N. 1 Prova Sismica Passiva HVSR;

Investigazione con Strumentazione Georadar.

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BREVI CENNI STORICI RIGUARDANTI IL CONVENTO, CONDIZIONI STRUTTURALI ATTUALI E INTERVENTI DI PROGETTO

L'origine dell'insediamento Francescano in Bisignano si fa risalire al 1222, come attesterebbe una

data apposta sul capitello di una colonnina del chiostro.

La Chiesa-Convento di San Francesco d'Assisi fu costruita sotto il vescovo Guglielmo da Bisignano

(1221-1245), mentre bisogna attendere il 1254 per ritrovare un vescovo francescano, tal Ranuccio dei

Frati Minori, inquisitore (1254-1259), anche se il suo governo non pare possa essere messo in

relazione con le fasi costruttive del complesso monastico di Bisignano, almeno degli inizi, in quanto, in

genere, l'intervallo di tempo fra la costruzione della prima sede di una comunità e la realizzazione

della sede definitiva era molto ampio e i tempi di costruzione dell'edificio conventuale non

coincidevano quasi mai con quelli della edificazione della rispettiva chiesa.

Sul luogo dove sorse il convento nel XIII sec, era una catacomba che la tradizione vuole dei primi

martiri cristiani bisignanesi.

Foto 1: Santuario di Sant’Umile con annesso Convento dei Frati Minori

veduta lato Ingresso (Anno 2004)

La primitiva casa francescana del XIII sec. fu ampliata nel 1380 dai Minori Conventuali, per poi

appartenere agli Osservanti nel 1441 (cfr. Fiore, Calabria illustrata t. II), mentre altre fonti (cfr. G.Gallo

fu Carlo, Bisignano- Arte Storia Folklore) affermano che fu loro concessa nel 1445 con bolla di

Eugenio IV, bolla che però non risulta registrata nel "Bollario Francescano" e nel "Regesto Vaticano

per la Calabria" di P. Francesco Russo. Verificabile è invece una bolla di Sisto IV del 15 maggio 1475

in cui, diversamente, la chiesa non risulta ancora passata agli Osservanti.

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Secondo Luca Wadding, biografo di S. Francesco, la cessione del convento agli Osservanti avvenne

nel 1541, in seguito alla richiesta di Tommaso Sanseverino, Principe di Bisignano, mentre nel

"Regesto Vaticano per la Calabria" compare la data 1560.

Gli Osservanti lo destinarono a sede del secondo noviziato della Provincia di Calabria.

Nel 1593 (cfr. G. Gallo, Cronistoria di Bisignano) o nel 1599 (cfr D. Martire, Calabria sacra e

profana, t. II) il convento di San Francesco d'Assisi di Bisignano passò ai Riformati, oggi Minori

Francescani, che lo custodiscono attualmente.

I Riformati abitarono il convento per più di due secoli, ininterrottamente fino a, quando, con decreto

del 07 agosto 1808, i Francesi lo soppressero. Ritornati i Borboni al potere, il convento fu riaperto nel

1823. Soppresso nuovamente dal Governo italiano nel 1867, il convento passò al Demanio.

Dopo "l'infausta soppressione" del 1867, il convento non rimase più senza frati.

Foto 2: Veduta attuale del Santuario di Sant’Umile

La Chiesa-Convento della Riforma di Bisignano è conosciuta, anche fuori dell’ambito della Calabria,

in quanto qui visse una delle figure più alte del Francescanesimo calabrese, Frate Umile (1582-1637),

assunto agli onori degli altari ed oggetto di grande venerazione non soltanto da parte dei bisignanesi,

ma anche da parte della popolazione dei centri viciniori.

Si ritiene opportuno fare un cenno alla straordinaria figura di detto Fra Umile, anche perchè la chiesa

della Riforma è oggi denominata e, forse anche meglio, conosciuta come il Santuario di Sant’ Umile.

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Fig. 1: Pianta Stato di Fatto del Santuario di Sant’Umile

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E’ stato conseguito un livello di conoscenza di cui al D.M. 14.01.2008 punto 8.5.4.. Seguendo le

indicazioni riportate nella Circolare del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti n. 617 del 2 febbraio

2009, in funzione del livello di conoscenza raggiunto, è stato adottato un opportuno fattore di

confidenza (Tabella C8A.1).

Data la tipologia di materiale impiegato per la costruzione si è adottato in fase di verifica di vulnerabilità sismica un livello di conoscenza LC2.

Il rilievo geometrico-strutturale effettuato ha avuto come oggetto sia la geometria complessiva

dell’organismo che quella degli elementi costruttivi, comprendendo i rapporti con le eventuali strutture

in aderenza. Nel rilievo sono state considerate eventuali modificazioni intervenute nel tempo, come

desunte dall’analisi storico-critica. Il rilievo ha consentito di individuare l’organismo resistente della

costruzione, tenendo anche presente la qualità e lo stato di conservazione dei materiali e degli

elementi costitutivi. Sono stati altresì rilevati i dissesti, in atto o stabilizzati, come il ribaltamento

parziale dal proprio piano di sede di alcuni pannelli murari ponendo particolare attenzione

all’individuazione dei quadri fessurativi e degli eventuali meccanismi di danno.

L’intervento di miglioramento antisismico che si propone è finalizzato al conseguimento dei seguenti

obiettivi:

- miglioramento delle caratteristiche meccaniche delle murature, mediante interventi

nell’apparecchiatura muraria;

- interventi per il miglioramento dello schema strutturale, in prospettiva antisismica;

- demolizione e ricostruzione di parti (ad esempio solaio misto acciaio-c.a. per successiva

sostituzione con solaio in legno e cordolo in muratura armata);

- inserimento di elementi resistenti nuovi;

- miglioramento delle connessioni tra pareti ortogonali e inibizione di meccanismi di collasso di

primo modo;

L’inserimento di tiranti, metallici o di altri materiali, disposti nelle due direzioni principali del

fabbricato, in corrispondenza delle pareti portanti, ancorati alle murature mediante capochiave (a

paletto o a piastra), favorisce il comportamento d’assieme del fabbricato, in quanto conferisce un

elevato grado di connessione tra le murature ortogonali e fornisce un efficace vincolo contro il

ribaltamento fuori piano dei pannelli murari, quando ciò non appaia (come nella fattispecie) garantito

dai solai o da altre strutture. Inoltre, l’inserimento di tiranti migliora il comportamento nel piano di pareti

forate, in quanto consente la formazione del meccanismo tirante-puntone nelle fasce murarie sopra

porta e sotto finestra.

Cordoli in sommità alla muratura costituiscono una soluzione efficace per collegare le pareti, in una

zona dove la muratura è meno coesa a causa del limitato livello di compressione, e per migliorare

l’interazione con la copertura.

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La “ristilatura armata” dei giunti rappresenta la soluzione per il miglioramento delle caratteristiche

meccaniche delle murature da mantenere a vista. Fornisce un efficace confinamento senza per

questo compromettere l’aspetto estetico del manufatto.

Si prevede un rafforzamento delle pareti, mediante diverse tecniche di intervento. Questi interventi

sono mirati sia al risanamento ed alla riparazione di murature deteriorate e danneggiate, sia al

miglioramento delle proprietà meccaniche della muratura. Verranno utilizzati materiali con

caratteristiche fisico-chimiche e meccaniche analoghe e, comunque, il più possibile compatibili con

quelle dei materiali in opera. L'intervento deve mirare a far recuperare alla parete una resistenza

sostanzialmente uniforme e una continuità nella rigidezza, anche realizzando gli opportuni

ammorsamenti, qualora mancanti.

L'adozione di iniezioni di miscele leganti mira al miglioramento delle caratteristiche meccaniche della

muratura da consolidare. A tale tecnica non può essere affidato il compito di realizzare efficaci

ammorsature tra le pareti murarie.

L’intervento di ristilatura dei giunti ha, infine, il compito di migliorare le caratteristiche meccaniche

della muratura, in particolare nel caso di murature di spessore non elevato.

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GEOLOGIA, GEOMORFOLOGIA, IDROLOGIA ED IDROGEOLOGIA

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INQUADRAMENTO TERRITORIALE ED UBICAZIONE GEOGRAFICA

Il territorio in esame si colloca nella parte centrale della Calabria Settentrionale, l’ambito territoriale

osservato è di competenza del Comune di Bisignano (CS).

Fig. 2: Inquadramento Geografico

La città di Bisignano sorge addossata ai monti della Sila e degrada dolcemente verso la sottostante

valle del Crati ad un’altitudine compresa tra i 350-360 metri s.l.m. a quasi 30 km. a nord di Cosenza;

ha una superficie territoriale di 8.528 ha e una popolazione di circa 11.000 abitanti raccolti per metà

nel borgo antico e per metà insediati nei borghi rurali e nella parte moderna a valle del centro storico

ubicato a 350 mt s.l.m. mentre nella zona moderna di nuova e recente urbanizzazione il livello si

abbassa a 60 mt, mentre sul versante premontano raggiunge i 750 mt.

Bisignano per la sua collocazione si trova al centro tra Cosenza e la Sila dalla quale dista circa 50

Km. Dal mar Jonio e il Tirreno e a pochi km dallo svincolo autostradale Torano-Bisignano. Il territorio è

attraversato dal Fiume Crati e dai suoi affluenti, il Mucone e il Duglia.

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La sua conformazione orografica si estende su sette colli attorno alla collina Castello, un tempo sede

del castello medioevale che venne distrutto quasi completamente a seguito del terremoto del 3

dicembre 1887 ed i suoi ultimi resti sono stati definitivamente demoliti negli anni 60 del 900 quando la

collina su cui sorgeva venne abbassata di circa 40 metri.

Le coordinate geografiche del sito, misurate nel baricentro della Chiesa di Sant’Umile, sono:

Sistema di Riferimento Latitudine Longitudine WGS84 39°,507206 16°,285480

ED50 39°,508218 16°,286290

La struttura in esame, più esattamente, è ubicata in fregio alla Piazza della Riforma nel settore

sudoccidentale della stretta e arcuata dorsale che borda l’area di testa del bacino idrografico del Rio

Seccagno nel territorio comunale di Bisignano. Essa si articola ad una quota altimetrica di circa

320,00 metri s.l.m. e ricade nel Foglio di Mappa Catastale n. 51, Particella n. A e nel Foglio n° 229 I S.O. (Tavoletta “Bisignano”) della Carta d’Italia alla scala 1.25.000.

Fig. 3: Inquadramento Geografico Comune di Bisignano

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Fig. 4: Ortofoto Santuario Sant’Umile oggetto di intervento

Fig. 5: Ortofoto con Particolare del Santuario di Sant’Umile e del Convento

dei Frati Minori di Calabria e Basilicata

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Fig. 6: Stralcio Corografico Area su cui è ubicato il Santuario di Sant’Umile

oggetto di intervento

Una più precisa individuazione topografica dell'area di intervento e del suo ambito territoriale è

riportata di seguito nello Stralcio Aerofotogrammetrico scala 1:5.000 ed in quello Catastale scala

1:2.000 di seguito allegati.

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RELAZIONE GEOLOGICA – INTERVENTO DI RECUPERO, RESTAURO E MIGLIORAMENTO SISMICO DELLA CHIESA DELLA RIFORMA, XIII SEC. SANTUARIO SANT’UMILE - 1° LOTTO FUNZIONALE

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14

INQUADRAMENTO GEOLOGICO REGIONALE

Dal punto di vista geologico l’Area di studio fa parte dell’Arco Calabro – Peloritano che rappresenta

uno degli elementi arcuati del sistema perimediterraneo e collega la catena appenninica, ad

andamento NW-SE, con la catena siciliano – maghrebide ad andamento E-W.

La convergenza meso-cenozoica tra l'Africa e l'Eurasia ha prodotto la complessa evoluzione

geologica dell'area mediterranea, la quale è caratterizzata dall'interazione tra i processi contrazionali

e la tettonica estensionale ampiamente presente dall'Oligocene superiore al retro delle catene

orogeniche circum-mediterranee (CAVAZZA et al.,2004). Il risultato è la formazione di un notevole

numero di strutture arcuate che si collocano su un limite di placca ad andamento irregolare e a

carattere generalmente diffuso (FACCENNA et al., 2004). Notevoli arcuature neogeniche sono

presenti nel Mediterraneo in corrispondenza dell'Arco Calabro, dell'Arco di Gibilterra e della dorsale

Mediterranea. Al retro di questi archi si trovano bacini a crosta continentale assottigliata e/o oceanica

(PLATT & WISSER, 1989), originatisi da processi di rifting neogenici, e risultano quindi almeno in

parte contemporanei alle arcuature degli orogeni stessi. I processi di subduzione del Mediterraneo

centro-occidentale, che hanno portato alla formazione di catene orogeniche e bacini di retro-arco,

sono attualmente considerati quasi del tutto esauriti. Le uniche regioni dove la subduzione potrebbe

essere ancora attiva e comunque nel suo stadio finale sono rappresentate dall’arco Calabro e

dall’Arco Rifano. L'Arco Calabro è la struttura arcuata più imponente del Mediterraneo centrale, ben

comparabile in termini di evoluzione geodinamica con l'adiacente Dorsale Mediterranea, con la quale

interagisce nel settore orientale del Mar Ionio (figura 7).

L’Arco Calabro collega la Catena Maghrebide siciliana, ad andamento W-E, con l'Appenino

meridionale, orientato NW-SE (PATACCA & SCANDONE, 2004), e costituisce nel Mar Ionio il limite di

placca Africa-Eurasia (FACCENNA et al., 2004). L'Arco Calabro ha acquisito la sua forma attuale

principalmente tra il Miocene superiore e il Pleistocene durante l'apertura del bacino di retro-arco

tirrenico, in risposta all'arretramento sud-orientale della zona di subduzione oceanica dello Ionio,

lungo un piano di Benioff fortemente inclinato (MALINVERNO & RYAN, 1986; PATACCA et al., 1992;

GUEGUEN et al., 1998; SARTORI, 2003; ROSENBAUM & LISTER, 2004).

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Fig. 7: Carta tettonica dell’area del Mediterraneo Centrale (modificata da BARRIER et al., 2005)

In affioramento l'Arco Calabro, considerato un frammento di catena alpina, è costituito

principalmente da unità paleozoiche cristallino-metamorfiche impilate tra il Cretaceo Superiore e il

Miocene Medio (BONARDI et al., 2001). Esso è caratterizzato da una notevole frammentazione

crostale, con formazione di blocchi distinti e rotazioni tettoniche (VAN DIJK & SHEEPERS, 1995) e

recenti dati geologici e geofisici suggeriscono che la sua evoluzione dinamica è stata guidata negli

ultimi 700.000 anni da intensi movimenti verticali (GVIRTZMAN & NUR, 2001).

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L’Arco Calabro è delimitato da due importanti sistemi di faglie trascorrenti ad andamento WNW-

ESE (Figura 8):

la “Linea del Pollino” a Nord, caratterizzata da movimento sinistro, che rappresenta la zona di

confine tra i terreni cristallini calabri e quelli carbonatici appenninici e che ha portato la catena Alpina

a penetrare profondamente nell’arco ionico (BOUSQUET , 1973);

la “Linea di Taormina” a Sud, caratterizzata da movimento destro (AMODIO-MORELLI et al.,

1976).

Fig. 8: Schema geologico-strutturale semplificato del sistema Appennino

meridionale-Arco Calabro (modificato da DEWEY et al.,1989)

L'evoluzione geodinamica della regione è complessa. Dati geologici e geofisici suggeriscono che

l'evoluzione dinamica dell'Arco Calabro negli ultimi 0.7 Myrs è caratterizzata da movimenti verticali

(STEWART et al., 1997; BORDONI E VALENSISE, 1998;) e da movimenti lungo le faglie trasformi. I

meccanismi focali dei terremoti recenti, ricavati da dati strumentali, mettono in evidenza uno stile di

deformazione di tipo distensivo, sia in direzione parallela che perpendicolare all'arco (FREPOLI &

AMATO, 2000).

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Invece, i dati geologici mettono in luce che l'Arco Calabro è caratterizzato da intensa

frammentazione crostale, con formazione di blocchi distinti, rotazioni tettoniche e movimenti

transtensivi e transpressivi. Recenti lavori (TURCO & ZUPPETTA, 1998; VAN DIJK et al., 2000;

ROSENBAUM G. & LISTER G.S., 2004), propongono un tentativo di ricostruzione palinspastica della

regione centro-occidentale del Mediterraneo che porterebbe a vedere la migrazione verso sud-est,

nel periodo post-Eocene, di una serie di complessi di rocce, prevalentemente cristalline, che formano

l'Arco Calabro-Peloritano, le quali ricoprono il margine settentrionale della piattaforma africana e i suoi

promontori. L’evoluzione che, verosimilmente, ha dato luogo alla messa in posto dell’Arco Calabro,

potrebbe essere schematicamente riassunta come segue:

Triassico – Giurassico - Cretaceo iniziale: apertura della Neotetide e parallela creazione di bacini

separanti aree di piattaforma carbonatica. Da nord-ovest a sud-est sono ricostruiti i seguenti domini:

Piattaforma Europea, Bacino Ligure-Piemontese, Piattaforma Appenninica, un dominio di piattaforma

con possibili aree bacinali interne alla piattaforma, Bacino Lagonegrese, Piattaforma Adriatica, un

dominio di piattaforma (blocco apulo) con possibili aree bacinali interne alla piattaforma, Bacino

Ionico-Blocco Ibleo.

Tardo Cretaceo-Paleogene: progressiva chiusura di parti del Dominio Neotetideo (deformazione

alpina) che termina con la fase deformativa alpina tardo eocenica.

Oligocene-Miocene Inferiore: sfenocasma del blocco Sardo-Corso verso sud-est, apertura dei

bacini di retro-arco del Mediterraneo occidentale, subduzione della rimanente crosta oceanica della

neotetide sotto la piattaforma europea.

Miocene medio - Attuale: Proseguimento della precedente fase con movimento pulsante

dell’elemento calabro verso sud-est e apertura del bacino di retro-arco tirrenico. (VAN DIJK et al,

2000).

VAN DIJK et al. (2000), sulla scorta di dati magnetotellurici, dati ricavati da pozzi di esplorazione e

raccolti sul campo (analisi mesostrutturali, biostratigrafiche e petrografiche), hanno proposto un nuovo

modello strutturale per il settore settentrionale dell’Arco Calabro. La sezione strutturale crostale

proposta dagli Autori è orientata SW-NE e si estende dal bacino di “retroarco” tirrenico (Golfo di S.

Eufemia) fino al bacino di “foreland” ionico e termina nella penisola salentina (Figura 9). La parte

della sezione fino a circa 8 km di profondità è stata costruita utilizzando i dati del rilievo geologico-

strutturale di superficie e dei due pozzi esistenti, nonché degli orizzonti visibili nella sismica e quelli

dedotti dai profili magnetotellurici.

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Fig. 9: Profilo geologico composito orientato SW-NE della Calabria Settentrionale

(VAN DIJK et al., 2000)

Dal punto di vista tettonico l’area di studio ricade proprio nel graben del Crati (Figura 10), costituito

da due distinti settori: una porzione meridionale, dalla forma tipicamente allungata e delimitata da

faglie normali ad andamento N-S; una porzione settentrionale, rappresentata dalla Piana di Sibari, in

corrispondenza della quale il graben tende ad allargarsi sensibilmente, delimitata da faglie ad

andamento WNW-ESE e, in subordine, NE-SW (TANSI ET.AL., 2005, LANZAFAME & TORTORICI,

1981; TORTORICI, 1981; TURCO et alii, 1990; CATALANO et alii, 1993).

Fig. 10: Schema tettonico della Calabria settentrionale (da: TANSI ET AL., 2005).

LEGENDA: 1) depositi olocenici; 2) sedimenti del Pleistocene medio-sup.; 3) sedimenti del Pliocene sup.-Pleist. medio; 4) sedimenti del Miocene superiore; 5) rocce cristallino-meta- morfiche Paleozoiche delle unità calabridi; 6) rocce carbonatiche Mesozoiche delle unità panormidi; 7) faglia diretta (i trattini sul blocco ribassato); 8) limite stratigrafico;

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In particolare, nella porzione meridionale, le faglie N- S danno origine ad una depressione, riempita

dai depositi clastici plioquaternari del bacino del F. Crati (COLELLA et alii, 1987). Questa è confinata

dagli horst della Catena Costiera e dell’Altopiano Silano, rispettivamente posti ad ovest e ad est del

graben, in cui affiorano i terreni del substrato pre-pliocenico. Nella porzione settentrionale, i sistemi di

faglia WNW-ESE e NE-SW hanno permesso il sollevamento delle rocce carbonatiche mesozoiche

appartenenti all’Unità del Pollino (AMODIO-MORELLI et alii, 1976). I depositi di riempimento del

graben del Crati sono costituiti da una successione conglomeratico sabbioso-argillosa (di spessore

complessivo pari a 1100 m, solo in parte affiorante), riferibile a un ciclo sedimentario marino del

Pliocene sup.-Pleistocene inf., su cui giacciono in discordanza depositi di fan-delta ghiaioso-sabbiosi

(COLELLA et alii, 1987) del Pleistocene medio, nonché depositi alluvionali attuali del F. Crati e dei

suoi principali tributari. Nei settori sommitali del bordo orientale del graben sono, inoltre, riconoscibili

resti più o meno estesi di antiche superfici d’erosione infra-pleistoceniche, associati a lembi di antichi

terrazzi alluvionali (DRAMIS et alii, 1990). Il substrato prepliocenico dell’area di studio è costituito da

unità cristallino-metamorfiche, appartenenti all’Arco Calabro-Peloritano (AMODIO-MORELLI et alii,

1976), localmente ricoperte da depositi supramiocenici (DI NOCERA et alii, 1974) in corrispondenza

degli horst della Catena Costiera e dell’Altopiano Silano, e da rocce carbonatiche di piattaforma

appartenenti alla catena appenninica, in corrispondenza del sistema montuoso Montea-La Mula-

Monte Caràmolo (Unità di Verbicaro, AMODIO-MORELLI et alii, 1976) e del Massiccio del Pollino

(Unità del Pollino, AMODIO-MORELLI et alii, 1976). Da un punto di vista strutturale, la porzione

meridionale del graben del Crati, corrispondente geograficamente all’elemento Catena Costiera-Valle

del Crati-Altopiano Silano è delimitata, ad ovest e ad est, da sistemi a gradinata di faglie normali,

orientate N-S e ribassanti verso il F. Crati, che culminano per rigetti ed estensione, rispettiva- mente,

con le direttrici «San Marco Argentano-San Fili» e «Rogliano-Bisignano». Le faglie appartenenti al

sistema N-S sono connesse ad una fase tettonica distensiva, con assi di estensione massima orientati

ESE-WNW, perdurata dal Pliocene sup. fino a tutto il Pleistocene (LANZAFA- ME & TORTORICI,

1981), particolarmente intensa dal Pleistocene medio, e tuttora attiva (GASPARINI et alii, 1982;

GUERRA, 1986; TORTORICI et alii, 1995). La porzione settentrionale del graben risulta più articolata

e caratterizzata da due sistemi di faglie normali, ad andamento WNW-ESE e NE-SW. Il sistema

WNW-ESE (campo di variabilità: N100E- N140E) è ereditato da una preesistente fascia trascorrente

sinistra, di rilevanza regionale («linea del Pollino», BOU- SQUET, 1973) che si è sviluppata al confine

tra Calabria e Lucania (CATALANO et alii, 1993) durante il Pleistocene inf.- medio (DEWEY et alii,

1989; MONACO et alii, 1995). Durante le fasi estensionali tardo- Pleistoceniche, le sud- dette faglie

hanno subito riattivazioni «in normale» (LANZAFAME & TORTORICI, 1981; MONACO & TANSI,

1992). Nella valle del Crati, il sistema WNW-ESE è rappresenta- to: dalla direttrice «San Sosti-Luzzi»

che segna il passaggio tra il settore meridionale e settentrionale del graben; dalla direttrice «Spezzano

Albanese-Cirò Marina» (Faglia di Rossano, cfr. anche SORRISO-VALVO & TANSI, 1996) che delimita

le propaggini più settentrionali delle unità cristallino-metamorfiche affioranti nell’Altopiano silano.

Come per le faglie che costituiscono la Linea del Pollino, anche le suddette direttrici mostrano

evidenze di doppio cinematismo (LANZAFAME & TORTORICI, 1981).

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Il sistema di faglie normali NE-SW è morfologicamente meno evidente e trova la sua massima

espressione nella Linea di Sangineto (AMODIO-MORELLI et alii, 1976) che borda a NW il graben del

Crati. LANZAFAME & TORTORICI (1981) attribuiscono un importante ruolo geodinamico a tale

struttura: la formazione del bacino del Crati viene infatti attribuita all’attività di trascorrenza sinistra

della Linea di Sangineto. Anche le faglie appartenenti al sistema NE-SW sono state «riprese» dalla

tettonica quaternaria connessa con la fase estensionale tardiva (LANZAFAME & TORTORICI, 1981).

L’aspetto strutturale del bacino del Crati (Figura 11) è caratterizzato da dislocazioni che

s’identificano in tre sistemi principali d'origine distensiva, complessa e trascorrente. Il più vistoso, a

direzione N-S è rappresentato da faglie che hanno determinato il sollevamento relativo della Catena

Costiera e segnano il limite occidentale del bacino, mentre verso est il bacino è limitato dal massiccio

silano. Un secondo sistema, con direzione NW-SE (distensivo, datato Tortoniano-Pliocene inf., si

identifica con faglie che abbassano verso N l’edificio della Catena Costiera e determinano un

ampliamento verso W del bacino di sedimentazione. L’ultimo sistema è rappresentato da due serie di

dislocazioni ad andamento NE-SW chiudono verso N il Bacino del Crati.

Fig. 11: Carta Geostrutturale a grande scala dell’area di Intervento

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ASPETTO GEOLOGICO LOCALE

L’area oggetto di studio dal punto di vista geologico ricade nel Foglio n° 229 I S.O. (Tavoletta “Bisignano”).

L’area di studio è ubicata al di sopra della Serie Pliocenica (conglomerati e argille grigio-azzurre del

Pliocene medio e superiore), la base di questa sequenza è trasgressiva sui depositi messiniani ed è

esposta solo nella zona di bacino pre-alluvionale del Torrente Rio Siccagno e del Torrente Illice oltre

che nella parte di immissione nella piana del bacino della Fiume Mucone. L’assenza di termini del

Pliocene inferiore nell’area suddetta può essere dovuta ad una loro completa erosione prima della

deposizione del Pliocene medio o a mancata deposizione se si considera tale area come alto

strutturale. Nel Pliocene medio con la deposizione di una serie conglomeratica si determina

comunque una riattivazione del bacino di sedimentazione contemporanea all’inizio di sprofondamento

dell’area tirrenica (Selli & Fabbri, 1971) e con la fase di corrugamento manifestatasi nella fossa

bradanica (Bousquet, 1973). L’asse di tale bacino inizia a migrare verso Est (cfr. Burton, 1971) senza

tuttavia giungere all’altezza dell’attuale fianco occidentale della Sila.

Il ciclo sedimentario calabriano (conglomerati e sabbie basali, argille azzurre, sabbie e ghiaie di

chiusura) è trasgressivo sul substrato prepliocenico lungo i margini Sud e Nord della Piana di Sibari e

sul Pliocene inferiore ad Acquaformosa-Lungro (Vezzani, 1968); nella zona esaminata, che si collega

quasi direttamente a quella della Piana di Sibari studiata da Vezzani (1968), il ciclo pleistocenico

trasgredisce sul Tortoniano e su rocce cristalline lungo tutto il bordo Silano. Sul lato orientale della

Catena Costiera, nei pressi di Montalto Uffugo, è probabilmente trasgressivo sulle argille del Pliocene

inferiore mentre invece più a Nord, nei pressi di Mongrassano il passaggio alle argille del Pliocene

superiore è continuo e graduale. Si assiste quindi all’inizio del Calabriano ad una estensione del mare

pliocenico che arriva ad interessare il margine pedemontano Sud-Pollino, il margine Nord della Sila

Greca e l’attuale fianco destro della valle del Crati. Pertanto a partire dal Pliocene superiore

un’importante fase tettonica accentua la subsidenza del bacino del Crati e la migrazione verso Est

dell’asse di sedimentazione (cfr. Burton, 1971) responsabile dell’asimmetria dei depositi nel bacino

stesso. La migrazione verso Est della subsidenza viene da, Ogniben (1973), messa in relazione con il

fatto che Sila, Serre ed Aspromonte avrebbero svolto il ruolo di fianco Est subsidente del

sollevamento che palesemente avrebbe avuto come asse la Catena Costiera.

Le sabbie affiorano estesamente in una larga fascia continua sia in destra che in sinistra del F.

Crati. La formazione è costituita da sabbie bruno chiare a grana grossa, talora passanti a

microconglomerati spesso a stratificazione incrociata; la stratificazione è in banchi e mal definita. Alle

sabbie si intercalano sottili livelli argillosi - siltosi, lenti ghiaiose grigie ad elementi poligenici appiattiti e

talvolta livelli conglomeratici di debole spessore ben cementati a matrice sabbiosa. La porzione più

alta della serie è costituita prevalentemente da ghiaie, conglomerati e subordinate sabbie.

I coni di deiezione alluvionali si rinvengono, almeno quelli più estesi, sia ai bordi della Catena

Costiera lungo l’attuale linea della costa tirrenica sia alla base della sponda destra del F. Crati.

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Essi sono costituiti da depositi rossastri a granulometria estremamente variabile, generalmente

grossolana, con clasti subarrotondati, molto alterati e mostrano accenni di stratificazione.

I terrazzi marini affiorano diffusamente in destra e sinistra del Fiume Crati. Trattasi di depositi di

colore rosso cupo costituiti da prevalenti conglomerati con intercalazioni di sabbie grossolane rosse o

bianche e subordinati livelli siltosi grigi. I conglomerati sono poligenici ad elementi molto alterati

subarrotondati o arrotondati; la composizione dei ciottoli è riferibile ai tipi litologici affioranti nella

Catena Costiera e nella Sila; la matrice, sabbiosa o sabbioso argillosa, è molto abbondante, la

cementazione quasi assente. Poggiano in leggera discordanza sulle sabbie, o solo localmente, sulle

argille marnoso-siltose azzurre o sulle sabbie ed arenarie; sono comprese tra le quote 400 e 150

circa sul livello del mare.

La collina interessata dal Santuario di Sant’Umile oggetto dell’Intervento è caratterizzata da una

litologia sabbioso prevalente plio-pleistocenica a cui si alternano livelli a granulometria talora più fine,

talora più grossolana.

In realtà dal punto di vista prettamente geologico potremmo dire che il rilievo è formato da un’unica

formazione a prevalenza sabbiosa correlabile ai depositi marini plio-pleistocenici come indicato anche

nello Stralcio Geologico desunto dalla Tav. 1 Geologica B del Quadro Conoscitivo del Piano

Strutturale Comunale (P.S.C.) e successivamente riportato.

La successione litostratigrafica risulta pertanto essere costituita da:

Sabbie e Arenarie tenere Pliocene medio – sup. Conglomerati con intercalazioni sabbiose Pliocene medio – sup.

Sabbie e Arenarie tenere (Ps3)

Su di essi insiste il Santuario di Sant’Umile oggetto di intervento. Essi sono depositi costituiti da

sabbie ed arenarie tenere bruno-chiare. In alcune zone si sviluppano bande conglomeratiche ed il

passaggio ad esse è graduale.

Questo complesso presenta in genere una resistenza all’erosione variabile con il locale grado di

cementazione e la sua permeabilità è elevata.

Conglomerati con intercalazioni sabbiose (Pcl-s3)

Si tratta di un complesso costituito da conglomerati e sabbie da bruno a bruno-rossastri, di origine

continentale. Le caratteristiche geotecniche consistono in una moderata resistenza all’erosione ed in

un’elevata permeabilità.

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Di seguito vengono riportati lo Stralcio della Carta Geologica della Calabria (Scala 1:25.000)

e la Carta Geologica ripresa dalla Tav. 1 Geologica B del Quadro Conoscitivo del Piano Strutturale Comunale (P.S.C.).

Fig. 12: Stralcio Carta Geologica della Calabria Scala 1:25.000

Fogli n° 229 I S.O. (Tav. “Bisignano”)

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Fig. 13: Stralcio Carta Geologica Tav. 1 Geologica B Quadro Conoscitivo P.S.C.

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INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO

La tettonica della Calabria ha controllato e controlla tutt’oggi la morfologia ed i processi

geomorfologici che ne derivano a causa dell'intenso sollevamento che ha generato componenti

normali lungo faglie di importanza regionale. Tale sollevamento, iniziato nel Pliocene superiore e

tuttora in atto, individua morfostrutture primarie che determinano la geometria di primo ordine della

regione. Esso, inoltre, provoca un continuo incremento dell'energia del rilievo che a sua volta causa

un approfondimento diffuso del reticolato idrografico e mantiene alta la magnitudo dei processi di

movimento e trasporto in massa e di erosione. Dalla combinazione di blocchi sollevati e strutture

tettoniche ereditate, si determinano stili strutturali tipo che condizionano i caratteri geomorfologici delle

diverse porzioni di territorio. La tettonica guida, anche, lo sviluppo dei processi di degradazione fisico-

chimica che si innescano in corrispondenza di anisotropie strutturali, lungo cui, specialmente in litotipi

cristallino-metamorfici (Carrara et al., 1982; Matano e Tansi, 1994), si sviluppano movimenti in massa

e fenomeni di incisione lineare (Sorriso-Valvo e Tansi, 1996).

Il territorio di Bisignano rientra nell’Ambito della Valle del Fiume Crati. Questo Ambito è costituito da

un graben con direzione N-S impostato nel Pliocene ed evoluto fino all’attuale. Il fianco orientale è

tettonicamente meglio definito di quello orientale. Pertanto, l’Ambito è delimitato a ovest e a nord dal

set di faglie che lo separa dai settori della Catena Costiera e del M. Pollino-Orsomarso; a est e a sud

dal limite superiore degli affioramenti sedimentari che ricoprono con continuità i terreni cristallini della

Sila, dallo spartiacque con il F. Savuto a sud, fino alla linea N-S che congiunge gli alti strutturali di

Terranova da Sibari e di Cassano allo Ionio. Lungo questa linea si pone convenzionalmente il confine

con l’Ambito delle pianure costiere.

Lungo il margine occidentale dell’Ambito, si stende una fascia larga 4-10 km dove faglie

prevalentemente normali, appartenenti allo stesso sistema di quelle che delimitano l’Ambito della

catena Costiera a ovest, formano horst e graben con direzione generale N-S (CNR-IRPI, 1975). In

questa fascia, tettonicamente sollevata rispetto al fondovalle e che si estende da Cerisano a sud, a S.

Marco Argentano a nord, affiorano localmente il basamento cristallino e più diffusamente i terreni

miocenici (conglomerati, arenarie, marne, calcari, gessi) e plio-pleistocenici anche continentali (Sorriso

Valvo, 1975), oltre ai depositi recenti e attuali delle alluvioni fluviali e lacustri.

Ad oriente, il graben della valle del F. Crati è delimitato, ma con poca continuità morfologica, dai

sistemi di faglie N-S del versante occidentale della Sila (faglie Bisignano-S. Pietro in Guarano e

Celico-Mangone).

Nella bassa vale del Crati, nella zona di Tarsia-Terranova da Sibari-Spezzano Albanese, si trova un

alto strutturale costituito da unità alloctone liguridi (Calcari silicei cretacici) attraversato dal F. Crati in

una gola a meandri incassati, sovraimposti per antecedenza. Un altro piccolo alto si trova a Cassano

allo Ionio, di poco discosto dalla linea del Pollino, dove affiorano terreni carbonatici e filladi.

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Nonostante si tratti di un graben, nella parte assiale di questo Ambito si può stimare un tasso di

sollevamento di 0.3 mm/a (Sorriso-Valvo, 1993), confermando che l’intera regione, salvo alcuni tratti

delle pianure costiere ioniche, è in sollevamento.

Conoidi alluvionali e, più raramente, da colate detritiche (Cerzeto) si trovano conservate (come

l’ampia conoide del T. Mucone) o in relitti (come la conoide di S, Vincenzo al Costa) allo sbocco in

valle degli affluenti in destra e sinistra idrografica. La conoide del T. Mucone, per dimensioni, non ha

riscontro in questo ambiente. E’ probabile che questa conoide si sia formata quando l’antico Mucone

ha inciso profondamente le pendici occidentali della Sila formando la profonda gola in cui attualmente

scorre.

Nella fascia tettonizzata contigua al margine occidentale dell’Ambito, sono frequenti i fenomeni

franosi a causa del decadimento meccanico dei terreni molto tettonizzati; lungo la faglia

principale sono presenti antichi fenomeni di scorrimento in blocco di rocce cristalline che ora poggiano

sui terreni più recenti. L’intensa urbanizzazione di questa zona, a causa della diffusione dei movimenti

in massa, costituisce un problema per la gestione del territorio.

Fenomeni franosi interessano con rilevante frequenza i terreni plio‐pleistocenici a componente

pelitica della zona assiale della valle. L’incidenza delle frane è localmente accentuata dall’erosione al

piede dei versanti operata, per esempio, dal Fiume Crati tra Cosenza e la confluenza del Torrente

Iavas, dove il fiume ha prodotto alte scarpate d’erosione nelle argille marnoso‐siltose azzurre del

Pleistocene; da queste scarpate si staccano con frequenza masse che si muovono con meccanismi di

crollo e scivolamento in blocco. Il sollevamento tettonico sta provocando la profonda incisione degli

affluenti, causa diretta di una dinamica dei versanti accentuata, con movimenti in massa generalmente

di limitata estensione, anche nei terreni a prevalente composizione sabbiosa, calcarea e cristallina.

L’erosione è comunque molto più incidente di quanto la relativa dolcezza del paesaggio permetta di

valutare. Tale fatto è testimoniato dalla ricorrente elevata torbidità dei corsi quando siano soggetti

anche piene minime, e dalla presenza, non numerosa come in altri Ambiti, tuttavia, di conoidi

alluvionali. E’ comunque da notare, soprattutto in questo Ambito, ma anche in altri, che il reticolo

idrografico mostra un’attuale forte tendenza all’incisione, probabilmente per effetto dell’intensa

diffusione di opere di sistemazione idraulico‐forestale, ma anche a causa di attività di estrazione

d’inerte in alveo. Infine, l’erosione accelerata per l’estrazione di inerti e di suolo, o per regolarizzare

artificialmente i versanti da coltivare a vigneti o frutteti, o per consentire l’uso della meccanizzazione

agricola, rappresenta una quota rilevante del budget erosivo. Ciò vale per tutti gli ambiti della regione,

ma in special modo per questo (Marzullo, 1986) e per quello della Valle del Fiume Mesima

(Sorriso‐Valvo, 1998).

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Dal punto di vista geomorfologico il sito ricade poco più a sud del culmine del rilievo collinare (411,00

m s.l.m) su cui si articola l’abitato di Bisignano, e, precisamente, nel settore sudoccidentale della

stretto crinale che borda l’area di testa del bacino idrografico del Rio Seccagno/Vallone Pata

(sottobacino del F. Crati), il cui modellamento morfologico è strettamente connesso con i fenomeni

franosi, perlopiù di tipo scorrimento/colata, che frequentemente hanno interessano, e ancora

interessano, le porzioni più elevate del bacino governandone l’evoluzione dei versanti.

I sopralluoghi, le indagini e le verifiche geotecniche eseguite nell’attuale ed in passato hanno

permesso di accertare un forte grado di alterazione della porzione superficiale dei materiali sabbiosi

costituenti il rilievo affioranti lungo il pendio e la presenza di un terreno detritico (materiale di riporto

riconducibile, probabilmente, ai lavori di ristrutturazione del Complesso Monastico e di realizzazione

del corpo aggiunto) in prossimità del ciglio del pendio. Tali terreni sono stati coinvolti nelle due colate

detritiche che hanno interessato il versante nel 2010.

Tale declivio, posto in dx idrografica dell’impluvio, ha uno sviluppo lineare, dal ciglio al piede, di circa

117,00 metri in corrispondenza della colata più a sud, e di 70,00 metri in prossimità della colata

generatasi dal vertice NE del fabbricato. (vedi figura successiva). L’inclinazione media del versante è

di circa 34°-35° per un dislivello max di circa 80,00 metri.

La presenza del Santuario sul ciglio del versante da quasi 900 anni, durante i quali si sono succeduti sia alluvioni sia terremoti, conferma, ad ogni modo, che il substrato litologico è caratterizzato da buone proprietà geomeccaniche (oltre ad una buona fattura costruttiva del Complesso) e che le porzioni di terreno direttamente interessate dai fenomeni sono state e sono quelle riconducibili alla porzione alterata oggetto dell’ultimo importante intervento meglio esposto di seguito.

Lo studio eseguito a margine del progetto di messa in sicurezza del Santuario di S. Umile ha

consentito di pervenire alla individuazione dei fenomeni generatori dei dissesti (cause predisponenti e

cause scatenanti) che hanno interessato la porzione più alta del versante, in particolar modo di quelli

accaduti nei primi mesi del 2010. Essi sono chiaramente e direttamente riconducibili a tre fattori

predisponenti:

1. la presenza di una coltre di materiale sabbioso-prevalente fortemente alterato, di spessore

variabile tra 3,00 e 5,00 metri, lungo gran parte dello sviluppo del versante;

2. la presenza di materiale di riporto nella porzione più alta del versante, in particolare in prossimità

del vertice NE del fabbricato.

3. la cattiva regimazione e canalizzazione delle acque ricadenti sul piazzale e sul tetto del Santuario

che, in particolar modo durante eventi pluviometrici intensi, si riversavano, concentrate, lungo il

versante con forte potere erosivo, saturando, peraltro, la coltre di alterazione.

L’evento meteorologico eccezionale è, di contro, la causa scatenante dei movimenti franosi del 2010

tanto che le pur modeste opere provvisorie realizzate si sono dimostrate temporaneamente efficaci nel

contenimento del dissesto sul complesso monastico nei 3 anni successivi.

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A conferma di ciò il monitoraggio geotecnico del versante eseguito in un periodo di piovosità elevata,

da dicembre 2013 a marzo 2014, non ha messo in risalto fenomeni gravitativi degni di nota. Gli unici,

contenuti movimenti (spostamento cumulato 3.5 mm), rilevati dalla strumentazione sono stati registrati

in prossimità del vertice NE del Santuario e confinati nei primi 3,00-3,50 metri di terreno e

perfettamente compatibili e coerenti con la presenza della porzione alterata mista a riporto rilevata.

Per tali motivi, gli interventi di messa in sicurezza sono stati progettati con lo scopo di intervenire a

protezione della porzione sommitale del versante e del Santuario con strutture di contenimento,

riprofilature e opere di regimazione delle acque. A dette opere sono stati associati interventi di

ingegneria naturalistica per ridurre l’intensa erosione causata dal dilavamento delle acque ruscellanti

selvagge impossibili da intercettare dal sistema di canalizzazione.

All'atto dei sopralluoghi succedutisi in quest’ultimo periodo, pertanto, nel sito in esame non si sono

registrati fenomeni erosivi in atto, né forme di dissesto e non si è ritenuto necessario eseguire ulteriori

verifiche analitiche dell’equilibrio geostatico.

Nel censire i fenomeni franosi sono stati presi in considerazione anche quelli censiti dall’ISPRA nel

progetto IFFI (inventario fenomeni franosi in Italia), di cui al sito

http://www.isprambiente.gov.it/it/progetti/iffiinventario-dei-fenomeni-franosi-in-italia.

Da quanto si evince dallo Stralcio della Cartografia ISPRA – PROGETTO IFFI, di seguito proposto,

l’area d’intervento è localizzata al di fuori di zone di dissesto geomorfologico.

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INQUADRAMENTO IDROLOGICO ED IDROGEOLOGICO

L’area studiata ricade nel Bacino del Fiume Crati affluente del corso d’acqua principale. Il bacino del

Crati è il più importante della regione Calabra, oltre che per la sua estensione (2.431 Kmq circa), per

le sue caratteristiche fisiche e perchè comprende zone ad alto interesse socio economico. Esso

costituisce una depressione interposta tra il sistema appenninico e quello silano. Questa depressione

è stata coperta da un golfo del mar Ionio fino a tempi molto recenti e la sua emersione è di età

quaternaria.

Fig. 14: Bacino Idrografico Fiume Crati

Il bacino fluviale del Crati è il più importante, per estensione, per valenza storica e per prospettive di

sviluppo nel sistema idrografico calabrese. Del sistema idrografico del Crati si hanno tracce storiche in

età antica, quando gli abitanti della piana di Sibari avevano rapporti di commercio con le navi micenee

e con i mercanti fenici prima in età del bronzo (Gimigliano, loc. cit.) e, poi, nella prima età del ferro. La

fondazione della colonia greca di Sybaris alla fine dell’VIII secolo a.C. impresse una svolta allo

sviluppo della gente locale di Enotria, che vide bloccate le potenziali forme di sviluppo autoctono dalla

complessiva ed evidente superiorità dei coloni greci. La tradizione letteraria vuole la fondazione della

più importante colonia greca di occidente in una terra chiamata mesopotamia, ossia nell’area

compresa fra i fiumi Crathis e Sybaris. Quest’ultimo dava il nome alla piana e alla città e, con il tempo,

divenne prima Cochile e solo molto dopo assunse l’attuale idronimo di Coscile.

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Anche quando, circa sessanta anni dopo la distruzione del 510 a.C. della città di Sybaris a opera

della rivale Crotone, si tentò di ricostruire la nuova città o, ancora, quando nel 444 a.C. venne fondata

la colonia panellenica di Thurii, ricorre il termine mesopotamia.

Ciò è dovuto probabilmente al fatto che la cartografia storica riporta fino a tempi recenti, ossia fino

alla fine del secolo XVIII, un quadro idrografico in cui i due fiumi hanno percorsi fluviali separati fino

alla foce, correndo paralleli nell’ultimo tratto prima di sfociare nello Ionio. Soltanto nell’Atlante

Geografico del Regno di Napoli del 1789 (Gimigliano, loc. cit.) i due fiumi sono indicati con una sole

foce, quella deltizia del Crati. Verosimilmente, l’unificazione dei due corsi d’acqua, riconosciuta poi

come immissione del Coscile nel Crati, fu il risultato di alcune alluvioni e rotte, che finirono per creare

una sempre più marcata linea di congiungimento fra i due corsi fluviali. Il congiungimento dei due fiumi

è peraltro riportato anche dagli storici e dai geografi dell’antichità, che riferiscono di come fossero

state appositamente deviate le acque di uno dei due a opera dei Crotoniati per sommergere la città

distrutta. Nel tratto in cui inizia la parte più propriamente valliva, nei pressi di Cosenza, le fonti storiche

riportano della morte di Alessandro il Molosso, zio di Alessandro il Macedone e re dell’Epiro, ucciso

vicino alle acque del fiume Acheronte, a ridosso di Pandosia, poco a Nord del capoluogo bruzio. Non

si ha certezza (Givigliano, loc. cit.) se Acheronte corrisponda all’Arente, al Caronte o ad altro corso

d’acqua. Ancora, nei pressi di Montalto Uffugo, in riva sinistra del Crati affluisce il torrente Settimo, il

cui idronimo rimanda chiaramente al settimo miliario della via romana Popillia-Annia.

Nel fiume Crati, lungo il percorso verso Nord dall’area centrale della provincia di Cosenza fino alla

tipica foce a conformazione deltizia nel mare Ionio, confluisce una parte rilevante delle acque del

sistema di drenaggio della provincia cosentina.

Il Crati, la cui lunghezza è di circa 81 km, nasce in Sila con il Craticello sul Timpone Bruno a quota

1742 m s.l.m. a Sud di Monte Scuro e, con l’altro ramo, il Crati propriamente detto, alle pendici del

monte Paganella, nel comune di Aprigliano.

Una delle sorgenti del Crati è quella dello Zumpo (o salto, o cascata), sfruttata fin dal 1898 per l’uso

idrico potabile del comune di Cosenza, con l’omonimo acquedotto, che porta ancora oggi alla città

circa 30 l/s d’acqua di pregevole qualità. Il suo profilo longitudinale, nella parte iniziale, si presenta

molto ripido in quanto in 10 km di lunghezza vi è un dislivello di 1500 metri. Gli affluenti più importanti,

in ordine di percorrenza da Sud a Nord, sono il Busento, il Mucone, il Follone, l’Esaro e il Coscile.

Il Crati, dopo avere ricevuto a valle di Aprigliano il Craticello, percorre una stretta vallata tra

Aprigliano e, ancora più a valle, Cellara, Figline e Piane Crati; riceve, quindi, il torrente Cardone, che

passa a valle di Serra Pedace, Pedace e Perito, dove esiste una centralina idroelettrica; riceve, poi, il

torrente Caricchio, proveniente dalle pendici Ovest della Sila e che scorre a valle di Spezzano della

Sila e di Trenta; quindi, attraversa Cosenza dove riceve il vallone di Rovito in destra e il Busento in

sinistra. Il Busento, che ha prima della confluenza nel Crati un bacino tributario più esteso di quello del

fiume ricevente, nasce a sua volta dalle pendici del monte Cucuzzo e scorre tra Carolei e Dipignano,

mentre il suo affluente torrente Caronte passa a valle di Mendicino e l’altro affluente, il torrente Iassa,

scorre tra Donnici e Paterno, Dipignano e Laurignano.

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Una risorgiva del torrente Caronte costituisce un’altra interessante risorsa, anch’essa sfruttata a uso

potabile per la città di Cosenza, la sorgente Timpafusa, che si trova a valle del bivio Quattrovie di

Mendicino e porta 60 l/s al nuovo impianto di potabilizzazione realizzato al serbatoio Merone di

Cosenza.

Da Cosenza comincia il corso vallivo del fiume, che riceve in sinistra il torrente Campagnano, il

Surdo, in cui confluisce l’Emoli, il Mavigliano, il Turbolo e, in destra, l’Arente e il Mucone, quest’ultimo

sbarrato dalla diga del Cecita a formare un grande invaso a scopo prevalentemente idroelettrico, di cui

si riferisce nella parte di questo Piano riservata ai laghi. Al fine di raccogliere gli scarichi della centrale

per distribuirli a scopo irriguo è stata costruita una vasca di modulazione a valle di Acri – Bisignano.

A Tarsia il fiume percorre una stretta gola tra i rilievi di Santa Sofia d’Epiro in destra e di Tarsia in

sinistra, dove è sbarrato da una traversa, in modo da formare stagionalmente un lago artificiale di 16

Mmc, che rifornisce il sistema irriguo dell’area di Corigliano.

Dopo la stretta di Tarsia il Crati riceve in sinistra la fiumara Galatrella e, quindi, il Coscile, che è a

sua volta un fiume importante. Questo raccoglie i deflussi del versante meridionale del Pollino,

attraversa Morano Calabro e Castrovillari e riceve le acque dell’Esaro, che proviene dalla catena

costiera di Sant’Agata d’Esaro e dai rilievi di Fagnano Castello e Roggiano Gravina; recentemente

l’Esaro, come si riferisce nella parte di questo Piano riservata ai laghi, è stato sbarrato tra Roggiano

Gravina e Altomonte da una diga per formare un invaso artificiale di 30 Mmc, da cui si avvia il sistema

di irrigazione della valle del Coscile. Infine, il Crati riceve in destra il Malfrancato a Cantinelle di

Corigliano e sfocia nel mare Ionio a Schiavonea.

Il perimetro del bacino imbrifero è rappresentato a Nord e a Nord-Ovest dallo spartiacque con il

bacino del Coscile. Le quote sono basse, superando i 1000 metri solo a Serra dei Muli (1016 m). Lo

spartiacque occidentale è rappresentato dalla Catena Costiera Tirrenica, fino a Monte Scudiero (1295

m), passando per Serra Pantanolata (1404 m) e Cozzo Cervello (1389 m). La linea di displuvio del

confine Sud unisce il M. Scudiero al M. Paganella (1526 m).

Il confine orientale del bacino può essere definito confine silano, perché, escludendo la parte che

discende al mare, si estende nella Sila per la quasi totalità. Tale confine parte dal M. Paganella, tocca

il Timpone Bruno, il Timpone Sorbello (1856 m) e il M. Sordillo (1551 m), che rappresenta il punto più

orientale del bacino. Da qui al mare piega ad occidente scendendo a Serra Crista d’Acri (1124 m)

quindi dolcemente verso la pianura di Sibari.

Il sottobacino del Coscile, con superficie pari a 973 km2, si differenzia notevolmente dagli altri per

l’elevata permeabilità del suo territorio, estendendosi quasi interamente sui versanti dell’imponente

formazione calcarea del Pollino.

L’altitudine media è di circa 628 metri.

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La classificazione del reticolo idrografico mediante l’elaborazione di Horton sono i seguenti:

Ordine Numero aste L. tot (km) 1 16207 4466.20 2 3794 1837.32 3 834 1027.71 4 185 578.81 5 47 331.27 6 10 143.85 7 2 104.73 8 1 7.25

Nello schema che segue, estratto dalla Cartografia ufficiale redatta da Arpacal e Regione Calabria,

sono riportate solo le aste idrografiche più competenti fra quelle effettivamente presenti e, le stesse,

sono organizzate secondo il sistema proposto da Horton che le distingue in relazione al proprio ordine

gerarchico. Lo schema evidenzia che i corsi d’acqua di V Ordine (in viola), quelli di IV Ordine (in blu),

in giallo quelli di III Ordine (tra questi il Rio Siccagno), in verde quelli di II Ordine ed infine in rosa

quelle di I Ordine.

Fig. 15: Stralcio Carta Idrografica della Calabria n. 551 (Scala 1:50.000)

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RELAZIONE GEOLOGICA – INTERVENTO DI RECUPERO, RESTAURO E MIGLIORAMENTO SISMICO DELLA CHIESA DELLA RIFORMA, XIII SEC. SANTUARIO SANT’UMILE - 1° LOTTO FUNZIONALE

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Il sito d’Intervento nello specifico, dal punto di vista idrografico, ricade nell’area di testa del bacino

idrografico del Rio Seccagno/Vallone Pata (sottobacino del F. Crati), che si origina proprio in

prossimità dell’abitato di Bisignano e con direzione N- S defluisce al piede del versante in oggetto

posto lungo la sua destra idrografica (vedi Figura 16). In particolare il pendio è inciso da due piccole

linee di drenaggio che convogliano le acque ruscellanti in questa porzione di bacino, con direzione

NO-SE il primo e O-E il secondo, verso il Vallone Pata.

In realtà la profonda incisione a sud del Santuario deve gran parte del suo sviluppo idro-

morfometrico in passato ad una sprovveduta canalizzazione delle acque ricadenti sull’intero piazzale.

Le acque canalizzate, infatti, si riversavano proprio in testa a questo tratto di versante generando, di

fatto, un profondo solco di erosione fin alla base e producendo, negli anni, un’area a dissesto diffuso

immediatamente intorno al fosso. È chiaro che, nonostante tale sistema non sia, fortunatamente, più

in uso, in concomitanza di intense precipitazioni, le acque direttamente ricadenti su questa ristretta

area, a cui si aggiungono quelle provenienti dal tratto di strada (privo di cunetta) posto

immediatamente ad ovest, tendono ad essere naturalmente canalizzate dall’incisione aggravando

progressivamente il dissesto.

Fig. 16: Stralcio Carta Idrografica PSC Bisignano

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Secondo quanto detto in precedenza l'assetto stratigrafico del rilievo è rappresentato, nel

complesso, da una formazione sabbioso-prevalente dotata di una buona permeabilità primaria.

La formazione quindi permette all'acqua di precipitazione meteorica di infiltrarsi seguendo un

movimento prevalentemente orientato in senso verticale. L'acqua percolante subisce però temporanei

rallentamenti in prossimità dei livelli pelitici intercalati nella massa sabbioso ghiaiosa che fanno mutare

la sua direzione di scorrimento per seguire l'andamento della stratificazione e che può produrre delle

limitate adunanze idriche temporanee fra gli orizzonti sabbiosi e l’intervallo pelitico. La quantità di

acqua che può effettivamente alimentare tali ridotti accumuli idrici è quasi interamente limitata a quella

direttamente ricadente sul sito in virtù del fatto che il rilevo su cui sorge il Santuario fa parte dello

stretta dorsale morfologica che fa da spartiacque idrografico al sottobacino del Rio Seccagno.

A ciò va aggiunto che gran parte dello stretto pianoro apicale è ormai pavimentato e non permette

quindi che rilevanti quantità di acqua meteorica possano infiltrarsi nel sottosuolo. Le misure

piezometriche eseguite hanno confermato l’assenza di falda almeno fino alla profondità di 30 metri dal

p.c.. È pur vero che la presenza di un livello a permeabilità relativa ridotta rispetto a quello

sovrastante, intercettato a circa 5-6 metri dal p.c. ed il sistema di canalizzazione delle acque

meteoriche che drena(va) tutte le acque lungo il versante, fanno si che in concomitanza di eventi

pluviometrici intensi, lo strato di alterazione presente lungo tutto lo sviluppo del versante tenda a

saturarsi rapidamente, anche a causa della differente stato di addensamento che ne determina una

differenza di permeabilità con il sottostante orizzonte non alterato/allentato, con conseguente

potenziale innesco di fenomeni di scorrimento/colata che sono stati comunque estremamente ridotti in

seguito ai lavori di sistemazione del versante in frana posto alle spalle del Santuario e del Convento

stesso.

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INQUADRAMENTO GEOTETTONICO E GEOSTRUTTURALE REGIONALE

L’Arco Calabro corrisponde ad un complesso edificio a falde di ricoprimento che si estende dal

confine settentrionale della Calabria fino ai Monti Peloritani in Sicilia.

L’ossatura della catena è formata da rocce metamorfiche di basso e medio grado costituite in parte

da scaglie di basamento continentale, in parte da metagranitoidi tardo-ercinici ed in minore misura da

depositi carbonatici e terrigeni meso-cenozoici e da frammenti di crosta oceanica fortemente laminata

e tettonizzata (Moretti & Guerra, 1997). La costruzione della catena calabro-peloritana si conclude

sostanzialmente nel Tortoniano in quanto a partire dal Messiniano inferiore l’Arco Calabro è soggetto

ad una dinamica prevalentemente estensionale che ne ha causato il distacco dal massiccio Sardo-

Corso e la rapida traslazione verso SE, con conseguente apertura ed espansione del bacino oceanico

tirrenico tra i due blocchi continentali.

Attualmente il massiccio calabro – peloritano si presenta frammentato in una serie di blocchi

strutturali delimitati da elementi tettonici di primo ordine, disposti sia in senso longitudinale che in

senso trasversale all’Arco stesso.

Macroscopicamente è possibile riconoscere due settori principali, distinguibili sia per la diversa

evoluzione durante l’orogenesi Alpina sia per la diversa evoluzione tettonica neogenica:

1. La Calabria settentrionale, orientata circa NNE-SSW e limitata a nord dal fascio di strutture

Sangineto – basso Crati e a sud dalla Faglia di Catanzaro (Fabbri et al., 1982, Moretti & Guerra,

1997);

2. La Calabria meridionale che si estende a sud della faglia di Catanzaro fino allo stretto di

Messina. Il margine tirrenico di questo settore è rappresentato dal Bacino di Gioia mentre quello

ionico è dato dal Bacino di Spartivento.

L’Arco Calabro-Peloritano è delimitato a nord dalla linea di Sangineto (CS) e a sud da quella di

Taormina (ME). La ricca letteratura su struttura, genesi ed evoluzione dell’ACP non vede un unanime

assenso, Secondo alcuni autori l’ACP è costituito da un frammento della catena alpina di età

cretacico-paleogenica con depositi di ofioliti, calcari e sedimenti flyschioidi Europavergenti, in seguito

sovrascorsi, durante il Miocene inferiore, sulle unità appenniniche. Il settore settentrionale rappresenta

la parte più meridionale della catena appenninica, mentre, quello meridionale, caratterizzato da unità

cristalline ricoperte da depositi sedimentari meso-cenozoici Africa-vergenti, rappresenta il dominio

interno della catena siciliano-maghrebide. L’insieme dei terreni alpini da luogo al “Complesso

Calabride” che costituisce il basamento suddiviso in quattro grandi unità di terreni cristallini accostate

e sovrapposte tettonicamente, caratterizzate da metamorfismo di grado crescente dal basso verso

l’alto e da S verso N.

Nella parte Settentrionale della Calabria tali falde (denominate Unità dell’Arco Calabro–

Peloritano da Amodio Morelli et alii, 1976) sono costituite da rocce granitiche e da rocce

metamorfiche e ofiolitiche sia di basso che di alto grado poggianti sulle unità carbonatiche della

Catena appenninica.

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Nella parte meridionale, le rocce granitiche e metamorfiche che costituiscono i rilievi

dell’Aspromonte e delle Serre, proseguono nei Monti Peloritani della Sicilia. Nell’insieme, le coltri

cristalline della Calabria meridionale e dei monti Peloritani si sono accavallate sulle unità

sedimentarie della Catena delle Maghrebidi siciliane.

Successivamente alla sua strutturazione, la Calabria è stata interessata da un’intensa fase tettonica

post-orogenica estensionale (tutt’ora in atto) legata al sollevamento isostatico dell’Arco Calabro. (De

Jonge et alii, 1994; Wortel & Spackman, 1993; Westaway, 1993). L’estensione ha prodotto un’ampia

zona di rift, strutturata da un sistema di faglie normali tuttora attive. I singoli segmenti di faglia che

costituiscono la rift-zone hanno frammentato l’Arco Calabro in bacini sedimentari ed in blocchi sollevati

(tipo horst e graben). Fig. 17: Schema di segmentazione in blocchi e bacini dell’Arco Calabro-Peloritano (GHISETTI, 1979, modificato). Le linee nere indicano le faglie principali: 1. Bacini Peri-tirrenici – 2. Monti Nebrodi, Madonie e M di Palermo – 3. Bacini di Crotone-Capo Spartivento Bacini peri-ionici e di Caltanissetta-Castelvetrano 4. Monti Sicani – 5. Fossa Catania Gela – 6. Monti Iblei 7. Catena Costiera Calabra, Capo Vaticano, Monti Peloritani – 8. Fossa dell’Alto Crati, del Mesima e di Gioia Tauro – 9. Sila, Serre e Aspromonte – 10. Fossa del Basso Crati, Sibari – 11. Fossa di Catanzaro 12.Fossa di Siderno.

I blocchi sollevati corrispondono ai principali sistemi montuosi e sono orientati parallelamente

rispetto all’asse della Catena. Sono rappresentati, da Nord verso Sud, dai massicci cristallini

costituenti la Catena Costiera, la Sila, le Serre e l’Aspromonte.

I bacini sedimentari, emersi e sommersi, possono essere suddivisi in:

- bacini paralleli all’asse della catena, rappresentati dai bacini peri-tirrenici, dalle Fosse dell’Alto

Crati e del Mesima Gioia Tauro e dai bacini perionici;

- bacini trasversali all’asse della catena, lungo cui si attua la curvatura dell’Arco, rappresentati dalle

fosse trasversali del Basso Crati-Sibari, Catanzaro e Siderno (GHISETTI, 1979).

La segmentazione è attribuita a tre importanti sistemi di faglie:

- sovrascorrimenti,

- faglie trascorrenti

- faglie normali

che si generano a causa della deriva della zolla africana contro quella del continente europeo, che

determina, sulla fascia di corrugamento appenninico, una compressione in direzione N-S con

conseguente restringimento progressivo dell’arco calabrese, che tende a ruotare e a incurvarsi verso

E.

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Fig. 18 - Carta geologico-strutturale del settore settentrionale dell’arco calabro-peloritano. legenda: 1) sequenze medio-supraplioceniche-pleistoceniche; 2) sequenze tortoniano-infraplioceniche; 3) unità di Stilo; 4) unità Polia-Copanello; 5) unità di Castagna; 6) unità di Bagni; 7) unità ofiolitifere (unità del frido + unità ofiolitica superiore); 8) unità di Longobucco, copertura sedimentaria; 9) unità di Longobucco, basamento; 10) unità sicilidi; 11) unità del Cilento; 12) unità carbonatiche della catena appenninica (da Tortorici, 1982).

Analisi recenti, quindi, permettono di ipotizzare un carattere estensionale dell’evoluzione tettonica a

partire dal Messiniano, espressa da sei fasi deformative (Moretti e Guerra, 1997 con referenze). Le

prime cinque, collegate all’evoluzione di strutture orientate NE-SW e trasporto tettonico verso SE,

hanno portato allo sviluppo di alti e bassi strutturali e hanno causato estese ingressioni marine. La

sesta fase è invece caratterizzata dallo sviluppo di faglie normali con andamento N-S e da un forte

sollevamento regionale che ha condotto all’emersione di tutta la catena neogenica.

L’inizio di quest’ultima pulsazione è marcato dalla deposizione di potenti corpi di sabbie e

conglomerati di ambiente fluvio-deltizio, attualmente rinvenibili fino a quote superiori ai 400 m,

testimoniando che il sollevamento regionale ha coinvolto gli stessi bacini pleistocenici. Sulla sommità

dei maggiori massicci cristallini è inoltre ben conservata una paleo-superficie morfologica.

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Le rocce granitoidi che ne costituiscono il substrato sono profondamente alterate per la quasi totale

scomparsa delle specie feldspatiche e trasformate in un materiale incoerente pseudo-sabbioso

(Moretti e Guerra, 1997), testimoniando una lunga attività pedogenetica in un clima caldo-umido.

La fine del Pleistocene rappresenta una tappa importante nell’evoluzione geologica della Calabria

meridionale anche per l’instaurarsi di movimenti verticali che possono raggiungere i 2-4 mm/anno

(Ghisetti e Vezzani, 1982). Il perdurare fino ad oggi dell’attività tettonica nella regione calabro-

peloritana è confermata dagli alti livelli energetici raggiunti dai fenomeni sismici in epoca storica, quale

ad esempio il terremoto del 9 giugno 1638 con intensità del 6.8° della scala Richter.

Il continuo sollevamento, iniziato nel Pliocene superiore e tutt’ora in atto determina un incremento

dell’energia del rilievo che a sua volta causa un approfondimento diffuso del reticolo idrografico e

mantiene alta la magnitudo dei processi di movimento e trasporto in massa e di erosione. Per la

Calabria meridionale le velocità di sollevamento variano da un minimo di 0,06 mm/anno ad 1,5 milioni

di anni fa, fino a 1,5 mm/anno a 0,08 milioni di anni, con valori massimi registrati proprio nel massiccio

dell’Aspromonte, (F. Ghisetti 1980). Tale sollevamento è stato quantificato in 1.200 metri nell’arco

degli ultimi 800 mila anni. Esso ha coinvolto terreni di varia età, fratturando e disarticolando gli

affioramenti rocciosi e producendo le profonde incisioni ove scorrono gli attuali corsi d’acqua.

Dalla combinazione di blocchi sollevati e strutture tettoniche ereditate, si determinano stili strutturali

tipo che condizionano i caratteri geomorfologici delle diverse porzioni di territorio.

La tettonica guida anche lo sviluppo dei processi di degradazione fisico-chimica che si innescano in

corrispondenza di anisotropie strutturali, lungo cui, specialmente in litotipi cristallinometamorfici

(Carrara et al., 1982; Matano e Tansi, 1994), si sviluppano movimenti in massa e fenomeni di

incisione lineare (Sorriso-Valvo e Tansi, 1996). I principali elementi strutturali sono rappresentati

dall’horst di rocce cristalline di Palmi e dal graben della Piana di Gioia Tauro riempito dai sedimenti del

ciclo Pliocene-Quaternario. L’alto strutturale del Monte S.Elia, in sollevamento lungo scarpate di faglia

normali ad inclinazione tirrenica, crea un sistema morfostrutturale tale per cui l’incremento dell’energia

del rilievo determina un continuo incremento dei processi erosivi nella porzione di nord-est del

territorio, maggiormente erodibile ed un instabilità costante nei versanti più acclivi della montagna

stessa, come i recenti crolli del versante occidentale del S. Elia sono a dimostrare.

Tali faglie costituiscono nel complesso un’estesa fascia di deformazione tettonica che si sviluppa

dall'altezza di Monterosso Calabro fino a Reggio Calabria; il sistema, costituito da più segmenti di

faglie disposte en échelon con sovrapposizione a destra, solleva, lungo il versante occidentale del

massiccio Serre-Aspromonte, le unità metamorfico-cristalline del settore meridionale dell'Arco Calabro

rispetto ai depositi plio-pleistocenici. Le strutture evidenziano direzioni medie intorno a N35 - 40°,

anche se la terminazione meridionale del sistema tende ad assumere orientazioni intorno 10° N.

Sulla base di tali condizioni e dell'esistenza di faglie a carattere regionale in grado di poter

amplificare eventuali scuotimenti di natura sismica, va considerato che l’area oggetto dello studio

rientra in un ambito più generale ad intensità sismica media in cui sono possibili sismi di magnitudo

fino al XII° grado della Scala Mercalli (Zona Sismica 1 secondo O.P.C.M. 3274/2003 - Sismicità media, PGA > 0,25 g).

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INQUADRAMENTO SISMOTETTONICO

In Calabria meridionale i terremoti più violenti sono localizzati lungo il versante tirrenico e nell’area

dello Stretto di Messina. In tale settore lo stile di rilascio sismico, ricostruito sulla base dei dati di

sismicità storica degli ultimi tre secoli, è caratterizzato da sequenze di eventi fortemente distruttivi e da

scosse di energia medio-bassa. Tra gli eventi maggiori che hanno interessato quest’area vi sono i

terremoti del 1783 e del 1908 (Boschi et al., 1997, e lavori ivi citati). Il 5 febbraio 1783 una violenta

scossa di M = 6.9 (intensità epicentrale Io = XI MCS) devastò la Piana di Gioia Tauro e le pendici

settentrionali dell’Aspromonte mentre il giorno successivo una seconda forte scossa, (M = 6.3, Io =

VIII-IX MCS), probabilmente localizzata in mare, danneggiò gravemente Scilla e Messina.

Localizzazione simile al primo evento del 1783 ebbe il terremoto del 16 novembre 1894 (M = 6.1, Io

= VIII-IX MCS), associato ad una sequenza sismica che colpì il versante nord-occidentale

dell’Aspromonte. Il terremoto del 28 dicembre 1908 (M = 7.2, Io =XI MCS) causò la distruzione totale

di Reggio Calabria e devastazioni gravissime a Messina, provocando circa 80.000 vittime.

Anche tale evento fa parte di un periodo sismico piuttosto intenso che ha interessato l’intera area

calabro-peloritana. Esiste una certa coerenza tra la distribuzione della sismicità maggiore e le

evidenze di tettonica attiva le cui linee di maggiore attività sono descritte nell’apposito paragrafo

(inquadramento geostrutturale del territorio). Le strutture tettoniche considerate responsabili dei

maggiori terremoti nell’area, sono la faglia di Cittanova per l’evento del 5/2/1783, quella di

Sant’Eufemia per l’evento del 1894, quella di Scilla per l’evento del 6/2/1783 e quella di Reggio

Calabria per l’evento del 1908. A queste sono associate numerose faglie minori, sintetiche ed

antitetiche, che definiscono alti e bassi strutturali di secondo ordine e rendono alquanto complesso il

quadro tettonico a scala locale (Ghisetti, 1992). Per caratterizzare un’area dal punto di vista sismico,

innanzitutto, è necessario ricercare gli eventi che si sono verificati nel corso dei secoli nel territorio in

esame e per i quali è stato quantificato il valore dell’intensità macrosismica sia per l’area epicentrale

che per le varie località in cui tali eventi sono stati avvertiti.

Studi attualmente esistenti riguardo ai forti terremoti storici ed alle massime intensità macrosismiche

osservate per il territorio italiano, sono contenute nei seguenti lavori:

Carta della Macrozonazione Sismica del territorio nazionale, con individuazione delle zone

sismogenetiche, realizzata dal Gruppo di Lavoro per la redazione della Mappa di Pericolosità

Sismica (rif. Ordinanza P.C.M. 20.03.03 n. 3274) (Ist. Naz. di Geofisica e Vulcanologia); Catalogo dei “Forti Terremoti in Italia dal 461 a.C. al 1990” (Boschi et al. 1997).

La Carta di Macrozonazione Sismica del territorio nazionale è stata elaborata suddividendo il

territorio in aree omogenee in base ai tipi di meccanismi che hanno provocato i terremoti. Ogni zona è

caratterizzata da almeno un terremoto rappresentativo, detto terremoto di riferimento, il cui epicentro

si allinea lungo la proiezione in superficie di porzioni di faglie attive dotate di una certa coerenza di

comportamento cinematico e capaci di generare terremoti; nelle zone ricadono sia le faglie principali,

responsabili dei terremoti più energetici, che quelle minori ad esse associate.

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Fig. 19: Stralcio Zonazione Sismogenetica ZS9

La Calabria, compreso allo Stretto di Messina, è suddivisa in due zone-sorgente, una (929) delimita

il versante tirrenico calabrese e l’area dello Stretto, il versante ionico della regione è circoscritto

dall’altra (930).

L’esistenza di queste due distinte zone rispecchia livelli di sismicità ben differenti. I terremoti con più

elevata magnitudo hanno infatti interessato i bacini del Crati, del Savuto e del Mesima fino allo Stretto

di Messina (zona 929). Tra questi eventi spiccano la sequenza del 1783 e i terremoti del 1905 e 1908

(tra la scarsa letteratura sui terremoti di questo settore si vedano Valensise e Pantosti, 1992;

Valensise e D'Addezio, 1994; Galli e Bosi, 2002).

Viceversa sul lato ionico della Calabria solo 4 eventi hanno superato un valore di magnitudo pari a

6, e tra questi il terremoto del 1638 appare come l'evento più forte verificatosi. Peraltro recenti studi

paleosismologici (Galli e Bosi, 2003) porrebbero l'evento del 9 giugno 1638 in relazione con la faglia

dei Laghi posta sulla Sila.

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Fig. 20: Stralcio Catalogo delle Strutture Sismogenetiche Italiane (DISS 3.2.0.)

Le caratteristiche salienti del modello di sismicità dell'Arco Calabro possono essere cosi riassunte:

• I terremoti più forti avvengono generalmente su faglie normali principali, parallele all’asse della

catena, e su zone di faglia a forte componente trascorrente perpendicolari alla catena, dette

trasversali;

• Le faglie principali hanno lunghezza di circa 40 km e producono terremoti con magnitudo

massima uguale a circa 7, mentre le traversali producono terremoti di magnitudo massima intorno

a 6, anche se localmente distruttivi;

• I forti terremoti delle faglie principali hanno cadenza millenaria, mentre quelli delle faglie

trasversali sembrano ricorrere con frequenza di alcuni secoli;

• La maggior parte della deformazione tettonica, ha luogo in maniera asismica (sollevamento

dell’Arco);

• Le faglie in grado di produrre forti terremoti sono poche, difficili da osservare e concentrate lungo

l’asse della catena;

• Le faglie principali sono “cieche“ e non si hanno evidenze dirette delle faglie trasversali.

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I sistemi longitudinali sono responsabili dell’individuazione di una serie di “horst” e “graben”

strutturali. Tra i primi si menzionano la Catena Costiera, l’horst di Capo Vaticano-Capo Rasocolmo ed

i massicci cristallini della Sila, delle Serre e dell’Aspromonte; tra i secondi, invece, si ricordano i bacini

peritirrenici (bacini di Paola, di Gioia Tauro e di Cefalù), e le fosse dell’alto Crati e del Mesima. Le

strutture trasversali individuano una serie di depressioni tettoniche, quali la Fossa del basso Crati-

Sibari, la Stretta di Catanzaro, la Fossa di Siderno e la Fossa di Messina. Secondo SORRISO-VALVO

& TANSI (1996), la morfologia della Calabria appare fortemente controllata dalla tettonica

essenzialmente a causa dell’intenso sollevamento che ha generato componenti normali lungo faglie di

importanza regionale. Tale sollevamento, iniziato nel Pliocene e tuttora in atto, individua

morfostrutture primarie che determinano la geometria di primo ordine della Regione. Esso provoca un

continuo incremento dell’energia del rilievo che a sua volta è responsabile dello sviluppo di bacini

idrografici e/o aree subsidenti (Valle del Crati, Sibari, del Mesima, Stretta di Catanzaro) sia trasversali

sia longitudinali, interposti ai sistemi montuosi (Pollino, Catena Costiera, Serre, Aspromonte). Gli

Autori, tramite la combinazione di diversi indicatori morfoneotettonici (“freschezza” delle scarpate di

faglia, faccette triangolari e trapezoidali, corsi d’acqua rettilinei o modellati “a gomito”), hanno

riconosciuto in Calabria quattro settori morfostrutturali tipo:

Settore I. Si estende dal confine calabro-lucano alla Linea di Rossano. E’ caratterizzato dalla

presenza di faglie normal-trascorrenti sinistre subverticali con direzioni medie N°120-130, attive fino

al Pleistocene medio (MONACO & TANSI, 1992), che sollevano i rilievi carbonatici rispetto alle unità

alloctone liguridi ed i depositi quaternari con piani immergenti verso SW. Nel complesso

costituiscono un elemento tettonico di rilevanza regionale noto in letteratura coma “Linea del Pollino”

(BOUSQUET, 1973).

Settore II. Corrisponde al sistema horst-graben-horst della Catena Costiera-Valle del F.Crati-Sila

ed è caratterizzato da faglie con direzione prevalente N-S. Queste strutture evidenziano cinematismi

normali con debole componente di trascorrenza destra (TORTORICI et al., 1995) e sollevano i due

massicci cristallini. Il sistema è caratterizzato nel settore meridionale da faglie che tendono a

discostarsi dalla direzione media N-S e ad assumere un trend N° 30-40.

Settore III. Corrisponde al graben della Stretta di Catanzaro ed è individuato da faglie normali con

direzioni medie N° 110-120. Queste si sviluppano maggiormente sul bordo settentrionale del graben,

dove culminano con la direttrice “Sambiase-Pianopoli-Catanzaro”, che delimita a sud il massiccio

cristallino del sistema Catena Costiera-Sila. Il bordo meridionale è strutturato dalla faglia “Maida-

Girifalco-Squillace”. VAN DIJK et al., (2000), hanno attribuito una componente di trascorrenza

sinistra predominante a queste faglie di importanza regionale.

Settore IV. Si estende a S della Stretta di Catanzaro e corrisponde al sistema di faglie normali

NE-SW che sollevano il sistema montuoso Serre-Aspromonte, rappresentato da faglie

prevalentemente normali con forti rigetti verticali. Tali faglie costituiscono nel complesso un’estesa

fascia di deformazione tettonica che si sviluppa dall’altezza di Monterosso Calabro fino a Reggio

Calabria.

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43

Il sistema, costituito da segmenti di faglie disposte en èchelon con sovrapposizione destra, solleva,

lungo il versante occidentale del massiccio Serre-Aspromonte, le unità metamorfico-cristalline rispetto

ai depositi plio-pleistocenici. Le strutture evidenziano direzioni medie intorno a N° 30-40, anche se la

terminazione meridionale del sistema tende ad assumere orientazioni intorno a N° 10.

Fig. 21: Principali strutture morfoneotettoniche e velocità di sollevamento in Calabria durante il Quaternario. a) depressione anticlinalica; b) hogback; c) cuesta; d) scarpata di aglia trascorrente sinistra; e) scarpata di faglia normale; f-g) velocità di sollevamento in intervalli di tempo, rispettivamente di 1 Milione di anni e 40.000-125.000 (DA SORRISO-VALVO & TANSI, 1996)

Secondo MONACO & TORTORICI (2000), la fase estensionale che ha interessato l’Arco Calabro

Peloritano, successivamente alla sua strutturazione, ha prodotto un’ampia zona di rift denominata “rift-

zone siculo calabra” (figura 11). Secondo gli Autori, le maggiori e più evidenti strutture della regione

sono rappresentate da un sistema di faglie normali che si estende con continuità lungo il bordo

tirrenico dell'Arco, prolungandosi attraverso lo stretto di Messina lungo la costa ionica della Sicilia fino

a raggiungere i bordi dell'Altopiano Ibleo per circa 370 km.

Nell'Arco Calabro queste strutture separano i principali bacini plio-pleistocenici dalle catene

montuose (Sila, Catena Costiera, Serre, Aspromonte, Peloritani), mentre in Sicilia orientale il sistema

di faglie, ribassando verso est, controlla la costa ionica congiungendosi con il sistema della scarpata

di Malta. I differenti segmenti di faglia sono caratterizzati da morfologia giovane che suggerisce

un'attività recente e da tassi di sollevamento del letto che variano da 0.5 a 1.0 mm/a, raggiungendo

valori di 2.0 mm/a in corrispondenza delle aree caratterizzate da vulcanismo attivo, come il settore

orientale dell'arcipelago eoliano ed il versante orientale etneo (TORTORICI et al., 1995; STEWART et

al., 1997). La rift-zone siculo calabra è strutturata da numerosi segmenti di faglia che presentano

direzione prevalente N-S nella Calabria settentrionale, dove si identificano con il Graben del Crati, NE-

SO nelle Serre e nei pressi di Cittanova, ed, infine, NE-SO in corrispondenza dello Stretto di Reggio

Calabria.

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Sono state riconosciute, inoltre, strutture con direzione prevalente E-O come nel graben di

Catanzaro. La rift-zone siculo calabra è una delle zone più attive dal punto di vista sismico nell’area

del Mediterraneo centrale. La distribuzione della sismicità crostale indica che la maggior parte dei

terremoti strumentali si concentra attorno a questo sistema. Questa correlazione è supportata dai dati

riguardanti i terremoti storici di maggiore intensità (6 < M < 7.4, e intensità MCS = X-XI) che hanno

interessato la regione. Le aree macrosismiche di questi eventi (sequenza sismica del 1783, terremoti

di Cosenza del 1870 e di Messina del 1908) sono localizzate negli hanginwalls delle faglie

normali quaternarie. Gli Autori affermano, infine, che questo sistema di faglia che interseca la

Calabria è sismicamente attivo, e può essere correlato a un nuovo processo di "rifting"

sviluppatosi sin dal Pleistocene Medio, dopo la fine della subduzione del dominio ionico. Esso

presenta un’estensione nel complesso uniforme con direzione ESE-WNW. Secondo TORTORICI

(1981), la Calabria Settentrionale è stata interessata da tre sistemi principali di dislocazioni:

SISTEMA N-S:

E’ il più vistoso, con rigetti quaternari dell’ordine di 1200 m, ed è responsabile del sollevamento

della Catena Costiera e della formazione della porzione meridionale del Bacino del Crati. Gli elementi

che appartengono a questo sistema mostrano il loro massimo sviluppo agli estremi occidentali e

orientali della zona. A Occidente, in cui si distingue la linea di San Marco Argentano-S.Fili, la

dislocazione segna la separazione in affioramento tra il substrato cristallino metamorfico della Catena

e i sedimenti postorogeni. A Oriente, dove si distingue la linea di Torano Castello-Marano Marchesato,

la dislocazione mette a contatto, sempre in affioramento, i livelli più profondi di questi ultimi con i livelli

sommitali della serie plio-pleistocenica. Appartengono a questo sistema le faglie che si ritrovano a

Ovest di Roggiano Gravina, nelle vicinanze di Arcavacata, a Mongrassano e nella zona di Regina

dove raggiungono i massimi rigetti. Quindi il sistema N-S corrisponde alle grandi faglie dirette che

bordano le depressioni tettoniche pleistoceniche della Valle del Crati, della costiera di Paola e del

bordo orientale della Sila (MORETTI et al., 1990).

SISTEMA NW-SE:

Risulta essere il sistema più sviluppato della regione ed è rappresentato da una serie di faglie

normali con piani inclinati di 60°- 80°. Questa serie di faglie suddivide la Calabria Settentrionale in una

serie di horst e graben tra i quali ricordiamo: l’horst della Sila Piccola ed il graben crotonese. Nelle

zone più meridionali si individua il graben di Catanzaro. Importante è l’allineamento di faglie che da S.

Sosti si prolunga verso SE, interessando trasversalmente il Bacino del Crati, fino al bordo silano di

quest’ultimo. Secondo gli studi effettuati da MORETTI et al., (1990), in questo sistema di

deformazione diretti NW-SE si ritrovano faglie con movimento trascorrente, sia destro che sinistro, che

si possono interpretare come elementi trasformi complementari al sistema SW-NE.

Lungo l’allineamento Rossano-Cirò, allo scorrimento trascorrente è associato anche una forte

componente diretta che ribassa il lato ionico.

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SISTEMA NE-SW:

Il sistema NE-SW risulta essere il più importante ma il meno evidente dei tre dal punto di vista

morfologico. E’ rappresentato da due allineamenti principali:

uno settentrionale: si identifica con la Linea di Sangineto. Attraversa tutta la regione ed è costituito

da una serie di faglie normali che determinano una struttura a gradinata degradante verso SE. A

questo sistema appartiene anche la Linea di San Marco Argentano-Doria, lungo la quale il corso del

Fiume Esaro presenta un percorso rettilineo, che determina un

sollevamento del blocco Sud-Orientale e delimita l’alto di S. Lorenzo del Vallo.

uno meridionale: si identifica con una serie di faglie normali con piani subverticali il cui elemento

principale è la Linea del Savuto. Tale Linea ribassa verso NW ed in tale direzione il F. Savuto

presenta un percorso rettilineo. A questo sistema appartengono, inoltre, le faglie della costiera

catanzarese che ribassano verso SE.

Secondo gli studi di MORETTI et al., (1990) il sistema di deformazione con andamento NE-SW

corrisponde alle grandi strutture distensive del Lao, della Linea di Sangineto e della Piana di Gioia.

Secondo GUERRA & MORETTI (1997), in Calabria centro-settentrionale sarebbe perdurato, sin dal

Messiniano una tettonica estensionale attuatasi attraverso sei eventi deformativi:

i primi cinque, tutti con direzione assiale SW-NE e trasporto tettonico verso S-E, si sarebbero

succeduti dal Messiniano al Pliocene inferiore,

il sesto attivo sin dalla fine del Pliocene inferiore, sarebbe ascrivibile alla rotazione dell’asse di

espansione tirrenica dalla direzione NW-SE alla direzione E-W, avrebbe individuato elementi

strutturali di direzione N-S e instaurato un forte "uplift" regionale.

La storia neotettonica della Calabria centro-settentrionale, invece, non avrebbe avuto sempre

carattere distensivo secondo PHILIP & TORTORICI (1980). Gli Autori riconoscono tre principali eventi

deformativi, due distensivi e uno avvenuto nel Pliocene medio, caratterizzato da faglie inverse

orientate N-S.

TURCO & ZUPPETTA (1998), riconoscono lungo il bordo nord orientale dell’Arco Calabro una shear

zone trascorrente sinistra, orientata NW-SE, e denominata “Pollino Line”, attiva almeno sino all’

Eocene. La “Pollino Line” assume un ruolo di primaria importanza nell’evoluzione geodinamica del

Mediterraneo Centrale, rappresentando il binario settentrionale che ha guidato la migrazione della

Calabria verso SE.

Infine, VAN DIJK et al. (2000), sulla scorta di dati magnetotellurici, dati ricavati da pozzi di

esplorazione e dati raccolti sul campo (analisi mesostrutturali, biostratigrafiche e petrografiche), hanno

proposto un nuovo modello strutturale per il settore settentrionale dell’Arco Calabro.

In questo schema l’evoluzione tardo neogenica dell’Arco è stata condizionata da elementi di I°

ordine rappresentati da shear-zone oblique sinistre orientate NW-SE, correlate all’apertura del Tirreno.

Tali elementi trascorrenti controllano l’evoluzione dei bacini e dissecano l’arco in vari segmenti.

I movimenti trascorrenti sono stati caratterizzati da episodi transtensivi interrotti da brevi pulsazioni

transpressive, osservabili in varie zone, che provocano inversioni bacinali; tali episodi sono datati

Messiniano Medio, Pliocene Medio, Pleistocene Medio.

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In particolare, durante il Pliocene Medio è espulsa una parte del riempimento dei vari bacini; durante

il Pleistocene Medio si formano le principali strutture anticlinali, come quelle osservabili al Confine

Calabro-lucano. A tali shear-zone è correlata, quindi, la formazione di elementi di II ordine, come

faglie ad alto angolo e flower structures con fenomeni di overthrusting a basso angolo (vergenti ad W),

da non confondere con i thrust del basamento (vergenti a NE), di età Eocene superiore e Miocene

inferiore. In particolare gli Autori hanno individuato in superficie sette principali shear-zone sinistre

orientate NW-SE (figura 14):

Soverato-Lamezia Fault Zone;

Catanzaro-Amantea Fault Zone;

Sellia-Decollatura Fault Zone;

Colle Ospedale-Colosimi Fault Zone;

Falconara-Carpanzano Fault Zone;

Petilia-S.Sosti Fault Zone;

S.Nicola-Rossano Fault Zone.

All’attività di queste shear-zone sinistre NW-SE può essere associato un trend coniugato NE-SW di

faglie transpressive destre datato Miocene medio e caratterizzato da una direzione di massimo

raccorciamento orientata NE-SW, e un trend NNE-SSW di faglie transtensive sinistre datato Pliocene

superiore-Pleistocene Medio.

Fig. 22: Mappa schematica con i principali lineamenti tettonici della Calabria settentrionale. SLFZ Soverato-Lamezia Fault Zone; CAFZ Catanzaro-Amantea Fault Zone;SDFZ Sellia-Decollatura Fault Zone; OCFZ Colle Ospedale-Colosimi Fault Zone; FCFZ Falconara-Carpanzano Fault Zone; PSFZ Petilia-S.Sosti Fault Zone; SRFZ S. Nicola Rossano Fault Zone (da VAN DIJK et al.; 2000).

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SISMICITÀ STORICA

L’area in studio, in particolare, rientra nella zona sismogenetica numero 929 nella quale si

localizzano i terremoti riportati di seguito in Tabella I.

La ricerca per individuare i terremoti storici, è stata condotta sul Database Macrosismico Italiano

2015 dell’INGV che fornisce un set omogeneo di intensità macrosismiche provenienti da diverse fonti

relativo ai terremoti con intensità massima ≥ 5 e d'interesse per l'Italia nella finestra temporale 1000-

2014.

Intensity Year Mo Da Ho Mi Se Epicentral area NMDP Io Mw        Valle del Crati      ,  

‐             Cala ria  entrale      ,  

            Crotonese      ,  

            Cala ria  entrale      ,  

‐             Crotonese      ,  

            Cosentino      ,  

            Cala ria settentrionale      ,  

            Cosentino      ,  

            Cosentino    ‐   ,  

            Cala ria settentrionale      ,  

            Pollino      ,  

            Cala ria  entrale    ‐   ,  

            .   Stretto di Messina      ,  

            .   Cala ria settentrionale      ,  

            Valle del Crati    ‐   ,  

            Irpinia      ,  

            Sila Gre a      ,  

‐             Catanzarese    ‐   ,  

            .   Valle del Crati      ,  

‐             .   Cosentino    ‐   ,  

            .   Irpinia‐Basili ata      ,  

            .   Golfo di Taranto    ‐   ,  

‐             .   Potentino    ,  

            .   Valle del Crati      ,  

NF            .   Golfo di Taranto    ‐   ,  

            .   Piana di Si ari    ‐   ,  

‐             .   Sila Gre a    ‐   ,  

            .   Valle del Crati    ‐   ,  

            .   Valle del Crati      ,  

‐             .   Costa  ala ra settentrionale      ,  

NF            .   Isole Eolie      ,  

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48

            .   Costa  ala ra settentrionale      ,  

            .   Costa  ala ra settentrionale    ‐   ,  Tabella I: Terremoti ricadenti nella Zona Sismogenetica n° 929

[Da “INGV - CPTI15 - DBMI15]

Nella Tabella I sono riportati i maggiori terremoti storici, i cui effetti macrosismici sono stati risentiti

nel Comune di Bisignano (Lat. 39°.513, Long. 16°.285); per ognuno di essi si indicano la data, l’orario

(ridotto al Greenwich Mean Time - GMT), la latitudine e la longitudine dell’epicentro, l’intensità (Io)

all’epicentro e la Magnitudo (Mw) risentita nel comune.

Seismic history of Bisignano

PlaceID IT_63660

Coordinates (lat, lon) 39.513, 16.285

Municipality (ISTAT 2015) Bisignano

Province Cosenza

Region Calabria

No. of reported earthquakes 33

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Ciò che emerge dalla lettura della tabella è che l’ambito territoriale di interesse non è stato sede di

epicentri dei più forti terremoti storici. Per quanto riguarda invece l’attività sismica più recente, da dati

desunti dalla letteratura specializzata consultata, risulta che, negli ultimi anni, non sono stati registrati

eventi energetici di rilievo riguardanti il comprensorio in parola.

La classificazione sismica definita dai decreti emessi fino al 1984 la sismicità è definita attraverso il

grado di sismicità “S”.

Nella proposta di riclassificazione del GdL (Gruppo di Lavoro, costituito sulla base di una risoluzione

della Commissione Nazionale di Previsione e Prevenzione dei Grandi Rischi) del 1998 si utilizzano 3

categorie sismiche più una categoria di comuni non classificati.

Nella classificazione regolamentata dall’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n° 3274

del 20 marzo 2003 la sismicità è definita mediante 4 zone, numerate da 1 a 4.

Tale ordinanza suddivide porzioni di territorio secondo i valori di accelerazioni di picco orizzontale

del suolo (ag) con probabilità di superamento del 10% in 50 anni, e fissa il numero di zone in quattro.

Nella seguente tabella è esplicitata tale classificazione:

Zona Accelerazione orizzontale con probabilità di superamento del

10% in 50 anni [ag/g]

1 > 0,25

2 0,15 – 0,25

3 0,05 – 0,15

4 < 0,05

La corrispondenza fra queste definizioni è di seguito riportata:

Decreti fino al 1984 GdL 1998 Classificazione 2003

S=12 1a categoria Zona 1

S=9 2a categoria Zona 2

S=6 3a categoria Zona 3

N.C. N.C. Zona 4

Pertanto per l’ambito considerato vale questa classificazione:

Decreti fino al 1984 GdL 1998 Classificazione 2003

S = 9 1a categoria Zona 1

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ANALISI DEI VINCOLI

Il P.A.I. (Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico della Calabria) è lo strumento conoscitivo,

normativo e di pianificazione, mediante il quale l’Autorità di Bacino della Calabria norma la

destinazione d’uso del territorio. Il Piano, il cui carattere è sovraordinato a qualsiasi altro strumento

urbanistico, è adottato ai sensi dell’art. 1-bis della L. 365/2000 e dell’art. 17 comma 6-ter della legge

18 maggio 1989 n. 183 e successive modificazioni nonché ai sensi della legge 4 dicembre 1993 n°

493, dell’art.1 del D.L. 11 giugno 1998 n° 180 convertito con legge 3 agosto 1998 n° 267 e successive

modificazioni, e della Legge Regionale n° 35/1996.

Nelle finalità del Piano, le situazioni di rischio vengono raggruppate in tre categorie:

- Rischio di frana

- Rischio d'inondazione

Per ciascuna categoria di rischio, in conformità al D.P.C.M. 29 settembre 1998, sono definiti quattro

livelli:

R4 - Rischio molto elevato: quando esistono condizioni che determinano la possibilità di perdita di

vite umane o lesioni gravi alle persone; danni gravi agli edifici e alle infrastrutture; danni gravi alle

attività socio-economiche;

R3 - Rischio elevato: quando esiste la possibilità di danni a persone o beni; danni funzionali ad

edifici e infrastrutture che ne comportino l'inagibilità; interruzione di attività socio-economiche;

R2 - Rischio medio: quando esistono condizioni che determinano la possibilità di danni minori agli

edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale senza pregiudizio diretto per l’incolumità delle

persone e senza comprometterne l’agibilità e la funzionalità delle attività economiche;

R1 - Rischio basso: per il quale i danni sociali, economici e al patrimonio ambientale sono limitati.

Le Linee Giuda e Misure di Salvaguardia approvate dal Comitato Tecnico Istituzionale il 31/7/2002 la

Giunta Regionale della Calabria, dettano i vincoli previsti dalle differenti classi di rischio e per le

differenti tipologie (Frana, idraulico, erosione costiera). L’art. 5 delle Norme di Attuazione e delle

Misure di Salvaguardia, prevede di verificare la compatibilità delle aree da edificare con le

determinazioni del P.A.I..

In particolare nella “Carta dei Vincoli P.A.I.” allegate nello specifico, per quanto riguarda il Rischio Frana si è proceduto a rappresentare il perimetro delle Aree a Rischio e le Aree di Rispetto associate

alle frane cartografate oltre le Buffer Zone.

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51

WebGis Autorità di Bacino – Cartografia Rischio Frana (P.A.I.) – Comune Bisignano (RC)

Per quanto riguarda il Rischio Idraulico si è proceduto alla fedele trasposizione delle Aree

Vincolate dall’ABR nel P.A.I. (Aree a Rischio, Aree di Attenzione, Zone di Attenzione e Punti di

Attenzione).

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RELAZIONE GEOLOGICA – INTERVENTO DI RECUPERO, RESTAURO E MIGLIORAMENTO SISMICO DELLA CHIESA DELLA RIFORMA, XIII SEC. SANTUARIO SANT’UMILE - 1° LOTTO FUNZIONALE

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52

WebGis Autorità di Bacino – Cartografia Rischio Idraulico (P.A.I.) – Comune Bisignano (RC)

Nella zona oggetto di studio risulta esservi un Rischio R3 Frana che certamente è stato eliminato o per lo meno ridotto in seguito all’intervento realizzato dall’Ufficio del Commissario al Dissesto Idrogeologico della Calabria, mentre non risulta alcuna prescrizione da parte del Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico della Regione Calabria (PAI) riguardo il Rischio Idraulico.

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CARATTERISTICHE LITOTECNICHE DEI TERRENI E MODELLI GEOLOGICO E GEOTECNICO

La relazione si è basata sull’osservazione diretta dei terreni della formazione geologica di base, sulle

Indagini Geognostiche eseguite sull’area di Intervento (N. 4 Tomografie sismiche con lunghezza

complessiva delle stese sismiche pari a 360 metri; N. 2 Sondaggi geognostici a carotaggio continuo

con prelievo di 8 campioni, uno attrezzato con tubi inclinometrici (S1) e l’altro attrezzato con tubi

piezometrici (S2); N. 7 Standard Penetration Test (SPT) all’interno dei fori di sondaggio; Prove di

laboratorio geotecnico sui campioni indisturbati; N. 1 Profilo Sismico Masw; N. 1 Prova Sismica

Passiva HVSR; Investigazione con Strumentazione Georadar) e sul Materiale Bibliografico in parte

reperito ed in parte messo a disposizione dall’Ufficio Tecnico Comunale.

I terreni della zona sulla quale insistono le fondazioni dell’edificio oggetto dell’intervento sono

costituiti da:

- una sequenza di strati di natura sabbioso-limosa con livelli ghiaiosi (tipici della formazione

geologica delle Sabbie e Arenarie tenere).

In linea generale, vista la conformazione morfologica del sito su cui si sviluppa l’edificio in esame e la natura dei terreni, si esclude la presenza di una falda acquifera sotterranea.

Nell’area di studio, come abbiamo detto, sono state effettuate negli ultimi anni numerosissime

Indagini Geognostiche, come sopra indicato, e pertanto la modellazione e la caratterizzazione sia

geologica che geotecnica si basano su dati minuziosi e molto precisi.

I MODELLI GEOLOGICO e GEOTECNICO, nell’area d’intervento, sono stati ricostruiti come di seguito esposto e riportato nelle successive Tabelle.

La Stratigrafia osservata su cui sono state effettuate anche prove di laboratorio risulta essere la

seguente

1. Sabbia limosa debolmente argillosa.

Sabbie medie di colore marrone-giallastro, da mediamente a ben addensate, con matrice

prevalentemente limosa e subordinatamente argillosa; presenza di lenti ghiaiose. Affiorano lungo lo

stretto pianoro, in testa al versante su cui è ubicato il Santuario di Sant’Umile. Lo spessore in

prossimità del sondaggio S1 è di circa 8 metri, non sono state intercettate invece dal sondaggio S2 a

causa del passaggio laterale eteropico con le Sabbie ghiaiose debolmente limose affioranti

all’estremità meridionale del pianoro Le prove geotecniche eseguite hanno evidenziato per questo

litotipo discrete caratteristiche geomeccaniche. Ad eccezione del primo metro e mezzo le prove SPT

eseguite in S1 sono tutte “andate a rifiuto” dimostrando il buono stato di addensamento dell’orizzonte.

Le prove di taglio eseguite hanno evidenziato un angolo di attrito di 29° ed una apprezzabile

coesione. La permeabilità è da considerarsi medio-elevata.

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È necessario sottolineare che in testa a tale deposito e fino alla profondità di 1,00÷1,20 è presente

l’orizzonte pedologico misto alla porzione più alterata delle Sabbie, caratterizzato da proprietà

geotecniche molto più scadenti. Tale terreno in corrispondenza del vertice nord-orientale del

Santuario, raggiunge lo spessore di circa 1,70 m ed è mescolato a materiale di riporto, con ogni

probabilità riconducibile ai lavori di ristrutturazione del Complesso Monastico e di realizzazione del

corpo aggiunto e in gran parte coinvolto nelle colate detritiche che hanno interessato il versante.

2. Sabbie ghiaiose debolmente limose

Si tratta di sabbie ghiaiose marroni-giallastre, da mediamente a ben addensate, con scarsa matrice

limosa. Sono coeve ed eteropiche rispetto ai litotipi sopramenzionati. Lo spessore in prossimità del

sondaggio S2 è di circa 4 metri. Le prove geotecniche eseguite hanno evidenziato anche per questo

litotipo discrete caratteristiche geomeccaniche.

Le prove SPT eseguite in S2, ad eccezione della prima (N30= 51) sono tutte “andate a rifiuto”

dimostrando il buono stato di addensamento anche di questo livello. Per il quale, sulla base delle

prove d Laboratorio, delle correlazioni geotecniche e delle procedure di Back-analisys eseguite si è

ricavato un angolo di attrito di 31° ed una apprezzabile coesione. La permeabilità è da considerarsi

molto elevata.

3. Limo argilloso-sabbioso

Tale orizzonte fa parte sempre della stessa formazione geologica plio-pleistocenica e si trova

stratigraficamente al di sotto degli orizzonti superficiali sopra descritti e in alternanza con le sottostanti

sabbie ghiaiose. Si tratta di un orizzonte a prevalenza limosa di colore grigio-giallastro mediamente

consistente (SPT a rifiuto, 0.12≤c’≤ 0.25 Kg/cm2) con una discreta componente argilloso-sabbiosa.

Hanno uno spessore variabile tra 4,00 e gli 8,00 m. Sono frequenti sottili lenti ghiaiose. La

permeabilità è da considerarsi medio-bassa.

4. Sabbie ghiaioso-limose

Alternate all’orizzonte sovrastante rappresentano il deposito litologico maggiormente affiorante

nell’area in esame e nel suo immediato contorno. Si tratta di sabbie ghiaioso-limose, talora

conglomeratiche, di colore dal giallo-ocra al beige, al grigio. Il deposito è ben addensato, a tratti

cementato, caratterizzato da discrete proprietà geomeccaniche, tali, peraltro, da garantire le elevate

pendenze del rilievo. La resistenza all’erosione è generalmente buona anche se si riduce

notevolmente nelle aree di concentrata erosione lineare.

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MODELLO GEOLOGICO

Spessore Strato (m)

Descrizione Terreno

0,00 – 2,00 Terreno Vegetale e Sabbia Alterata

6,00 – 8,00 Sabbia limosa debolmente argillosa

1,50 – 4,50 Sabbie ghiaiose debolmente limose

3,50 – 4,00 Limo argilloso-sabbioso

> 10,00 Sabbie ghiaioso-limose

MODELLO GEOTECNICO

Spessore

(m)

Descrizione Terreno

Stato di Addensamento/

Consistenza Permabili

(t/m3) sat (t/m3)

φ (°)

C’ kg/cm2

0,00 – 1,50 Terreno Vegetale e Sabbie alterate sciolto - 1,70 1,95 27 0,00

1,50 – 3,30 Sabbia Ghiaiosa debolmente Limosa medio alta 1,90 2,10 33 0,06

3,30 – 6,80 Limo Argilloso-Sabbioso medio medio /

bassa 1,80 2,05 26 0,12

6,80 – 20,90 Sabbie Ghiaioso-Limose

buono / cementato alta 1,95 2,15 31 0,20

20,90 – 27,70 Limo Argilloso-Sabbioso medio / buono medio /

bassa 1,90 2,10 25 0,25

27,70 – 55,00 Sabbie Ghiaioso-Limose

Buono / cementato alta 2,00 2,15 31 0,20

Il profilo stratigrafico del sottosuolo di fondazione, in base alle categorie di riferimento (Tab. 3.2.II),

può essere assimilato alla: Categoria “B”

Vengono di seguito allegate le Stratigrafie dei Sondaggi S1 ed S2 e la Sezione Geologica.

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Fig. 23: Carta Ubicazione Indagini Geognostiche di Riferimento

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CONCLUSIONI

A seguito dell’incarico ricevuto dalla PROVINCIA DEI FRATI MINORI DI CALABRIA, con

Convenzione Prot. n. del 15.11.2017, di redigere lo Studio Geologico definitivo/esecutivo inerente

l’“Intervento di Recupero, Restauro e Miglioramento Sismico della Chiesa della Riforma, XIII sec. SANTUARIO SANT’UMILE - 1° LOTTO FUNZIONALE” ubicato nel centro abitato del Comune

di Bisignano (CS), vengono qui, sintetizzate le conclusioni cui si è giunti in seguito alle analisi esposte

nei precedenti capitoli.

Il territorio in esame si colloca nella parte centrale della Calabria Settentrionale, l’ambito territoriale

osservato è di competenza del Comune di Bisignano (CS).

La struttura in esame, più esattamente, è ubicata in fregio alla Piazza della Riforma nel settore

sudoccidentale della stretta e arcuata dorsale che borda l’area di testa del bacino idrografico del Rio

Seccagno nel territorio comunale di Bisignano. Essa si articola ad una quota altimetrica di circa

320,00 metri s.l.m..

Le coordinate geografiche del sito, misurate nel baricentro della Chiesa di Sant’Umile, sono:

Sistema di Riferimento Latitudine Longitudine WGS84 39°,507206 16°,285480

ED50 39°,508218 16°,286290

Dai rilievi geologici di dettaglio effettuati su di essa e nella porzione di territorio immediatamente

circostante ad essa è emerso che la collina interessata dal Santuario di Sant’Umile oggetto

dell’Intervento è caratterizzata da una litologia sabbioso prevalente plio-pleistocenica a cui si

alternano livelli a granulometria talora più fine, talora più grossolana, le cosiddette Sabbie e Arenarie

tenere.

Le Sabbie ed Arenarie, di età Pliocenica, sono antichi depositi sedimentari costituiti appunto da

sabbie ed arenarie tenere bruno-chiare. In alcune zone si sviluppano bande conglomeratiche ed il

passaggio ad esse è graduale. Al di sotto di esse insistono i Conglomerati.

Dal punto di vista geomorfologico il sito ricade poco più a sud del culmine del rilievo collinare (411,00

m s.l.m) su cui si articola l’abitato di Bisignano, e, precisamente, nel settore sudoccidentale della

stretto crinale che borda l’area di testa del bacino idrografico del Rio Seccagno/Vallone Pata

(sottobacino del F. Crati), il cui modellamento morfologico è strettamente connesso con i fenomeni

franosi, perlopiù di tipo scorrimento/colata, che frequentemente hanno interessano, e ancora

interessano, le porzioni più elevate del bacino governandone l’evoluzione dei versanti.

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I sopralluoghi, le indagini e le verifiche geotecniche eseguite nell’attuale ed in passato hanno

permesso di accertare un forte grado di alterazione della porzione superficiale dei materiali sabbiosi

costituenti il rilievo affioranti lungo il pendio e la presenza di un terreno detritico (materiale di riporto

riconducibile, probabilmente, ai lavori di ristrutturazione del Complesso Monastico e di realizzazione

del corpo aggiunto) in prossimità del ciglio del pendio. Tali terreni sono stati coinvolti nelle due colate

detritiche che hanno interessato il versante nel 2010.

Tale declivio, posto in dx idrografica dell’impluvio, ha uno sviluppo lineare, dal ciglio al piede, di circa

117,00 metri in corrispondenza della colata più a sud, e di 70,00 metri in prossimità della colata

generatasi dal vertice NE del fabbricato. (vedi figura successiva). L’inclinazione media del versante è

di circa 34°-35° per un dislivello max di circa 80,00 metri.

La presenza del Santuario sul ciglio del versante da quasi 900 anni, durante i quali si sono succeduti sia alluvioni sia terremoti, conferma, ad ogni modo, che il substrato litologico è caratterizzato da buone proprietà geomeccaniche (oltre ad una buona fattura costruttiva del Complesso) e che le porzioni di terreno direttamente interessate dai fenomeni sono state e sono quelle riconducibili alla porzione alterata oggetto dell’ultimo importante intervento meglio esposto di seguito (Vedi Paragrafo Inquadramento Geomorfologico).

L’area studiata ricade nel Bacino del Fiume Crati affluente del corso d’acqua principale. Il bacino del

Crati è il più importante della regione Calabra, oltre che per la sua estensione (2.431 Kmq circa), per

le sue caratteristiche fisiche e perchè comprende zone ad alto interesse socio economico.

Il sito ricade a sufficiente distanza da corsi d’acqua principali (Dx Idrografica del Rio Siccagno/

Vallone Pata di III Ordine di Horton) o compluvi minori.

In realtà la profonda incisione a sud del Santuario deve gran parte del suo sviluppo idro-

morfometrico in passato ad una sprovveduta canalizzazione delle acque ricadenti sull’intero piazzale.

Le acque canalizzate, infatti, si riversavano proprio in testa a questo tratto di versante generando, di

fatto, un profondo solco di erosione fin alla base e producendo, negli anni, un’area a dissesto diffuso

immediatamente intorno al fosso. È chiaro che, nonostante tale sistema non sia, fortunatamente, più

in uso, in concomitanza di intense precipitazioni, le acque direttamente ricadenti su questa ristretta

area, a cui si aggiungono quelle provenienti dal tratto di strada (privo di cunetta) posto

immediatamente ad ovest, tendono ad essere naturalmente canalizzate dall’incisione aggravando

progressivamente il dissesto. Secondo quanto detto in precedenza l'assetto stratigrafico del rilievo è

rappresentato, nel complesso, da una formazione sabbioso-prevalente dotata di una buona

permeabilità primaria.

La formazione quindi permette all'acqua di precipitazione meteorica di infiltrarsi seguendo un

movimento prevalentemente orientato in senso verticale. L'acqua percolante subisce però temporanei

rallentamenti in prossimità dei livelli pelitici intercalati nella massa sabbioso ghiaiosa che fanno mutare

la sua direzione di scorrimento per seguire l'andamento della stratificazione e che può produrre delle

limitate adunanze idriche temporanee fra gli orizzonti sabbiosi e l’intervallo pelitico.

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La quantità di acqua che può effettivamente alimentare tali ridotti accumuli idrici è quasi interamente

limitata a quella direttamente ricadente sul sito in virtù del fatto che il rilevo su cui sorge il Santuario fa

parte dello stretta dorsale morfologica che fa da spartiacque idrografico al sottobacino del Rio

Seccagno.

A ciò va aggiunto che gran parte dello stretto pianoro apicale è ormai pavimentato e non permette

quindi che rilevanti quantità di acqua meteorica possano infiltrarsi nel sottosuolo. Le misure

piezometriche eseguite hanno confermato l’assenza di falda almeno fino alla profondità di 30 metri dal

p.c.. È pur vero che la presenza di un livello a permeabilità relativa ridotta rispetto a quello

sovrastante, intercettato a circa 5-6 metri dal p.c. ed il sistema di canalizzazione delle acque

meteoriche che drena(va) tutte le acque lungo il versante, fanno si che in concomitanza di eventi

pluviometrici intensi, lo strato di alterazione presente lungo tutto lo sviluppo del versante tenda a

saturarsi rapidamente, anche a causa della differente stato di addensamento che ne determina una

differenza di permeabilità con il sottostante orizzonte non alterato/allentato, con conseguente

potenziale innesco di fenomeni di scorrimento/colata che sono stati comunque estremamente ridotti in

seguito ai lavori di sistemazione del versante in frana posto alle spalle del Santuario e del Convento

stesso.

In linea generale, vista la conformazione morfologica del sito su cui si sviluppa l’edificio in esame e la natura dei terreni, si esclude la presenza di una falda acquifera sotterranea.

Nella zona oggetto di studio risulta esservi un Rischio R3 Frana che certamente è stato eliminato o per lo meno ridotto in seguito all’intervento realizzato dall’Ufficio del Commissario al Dissesto Idrogeologico della Calabria, mentre non risulta alcuna prescrizione da parte del Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico della Regione Calabria (PAI) riguardo il Rischio Idraulico.

La relazione si è basata sull’osservazione diretta dei terreni della formazione geologica di base, sulle

Indagini Geognostiche eseguite sull’area di Intervento (N. 4 Tomografie sismiche con lunghezza

complessiva delle stese sismiche pari a 360 metri; N. 2 Sondaggi geognostici a carotaggio continuo

con prelievo di 8 campioni, uno attrezzato con tubi inclinometrici (S1) e l’altro attrezzato con tubi

piezometrici (S2); N. 7 Standard Penetration Test (SPT) all’interno dei fori di sondaggio; Prove di

laboratorio geotecnico sui campioni indisturbati; N. 1 Profilo Sismico Masw; N. 1 Prova Sismica

Passiva HVSR; Investigazione con Strumentazione Georadar) e sul Materiale Bibliografico in parte

reperito ed in parte messo a disposizione dall’Ufficio Tecnico Comunale.

I terreni della zona sulla quale insistono le fondazioni dell’edificio oggetto dell’intervento sono

costituiti da:

- una sequenza di strati di natura sabbioso-limosa con livelli ghiaiosi (tipici della formazione

geologica delle Sabbie e Arenarie tenere).

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I MODELLI GEOLOGICO e GEOTECNICO, nell’area d’intervento, sono stati ricostruiti come riportato nell’apposito Paragrafo e sintetizzato nelle successive Tabelle.

MODELLO GEOLOGICO

Spessore Strato (m)

Descrizione Terreno

0,00 – 2,00 Terreno Vegetale e Sabbia Alterata

6,00 – 8,00 Sabbia limosa debolmente argillosa

1,50 – 4,50 Sabbie ghiaiose debolmente limose

3,50 – 4,00 Limo argilloso-sabbioso

> 10,00 Sabbie ghiaioso-limose

MODELLO GEOTECNICO

Spessore

(m)

Descrizione Terreno

Stato di Addensamento/

Consistenza Permabili

(t/m3)

sat (t/m3

) φ (°)

C’ kg/cm2

0,00 – 1,50 Terreno Vegetale e Sabbie alterate sciolto - 1,70 1,95 27 0,00

1,50 – 3,30 Sabbia Ghiaiosa debolmente Limosa medio alta 1,90 2,10 33 0,06

3,30 – 6,80 Limo Argilloso-Sabbioso medio medio /

bassa 1,80 2,05 26 0,12

6,80 – 20,90 Sabbie Ghiaioso-Limose

buono / cementato alta 1,95 2,15 31 0,20

20,90 – 27,70 Limo Argilloso-Sabbioso medio / buono medio /

bassa 1,90 2,10 25 0,25

27,70 – 55,00 Sabbie Ghiaioso-Limose

Buono / cementato alta 2,00 2,15 31 0,20

Il profilo stratigrafico del sottosuolo di fondazione, in base alle categorie di riferimento (Tab. 3.2.II),

può essere assimilato alla: Categoria “B”

Molochio, Novembre 2017 Il Tecnico

Dott. Geol. Carmine Malivindi

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ricerche storiche nella documentazione del Genio Civile. Università della Calabria, Osservatorio di

Documentazione Ambientale, Archivio di Stato di Cosenza. Editoriale Bios.

- OGNIBEN L., (1973) – Shema geologico della Calabria in base ai dati odierni. Geol. Romana, 12,

pp. 243 – 585.

- SORRISO – VALVO M. G., (1989) – I fan delta, le conoidi alluvionali e la tettonica in Calabria.

Sviluppo n° 58, CNR IRPI, Roges di Rende (CS).

- MANDAGLIO G. – MANDAGLIO M., (2013) - Studio Geologico Interventi di Messa in Sicurezza del

Santuario di Sant’Umile – Codice ReNDis CS 019°/10.

- QUADRO CONOSCITIVO P.S.C. (Piano Strutturale Comunale) di Bisignano.

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“TABELLADISINTESIDATIGEOLOGICI”

(Legge Regione Calabria n. 37 del 28 dicembre 2015, Regolamento Regionale n. 15 del 29.11.2016)

1 di 2

COMUNE DI BISIGNANO (CS) DITTA: PROVINCIA DEI FRATI MINORI DI CALABRIA E BASILICATA

Condizionistratigraficheetopografiche

a) Approccio utilizzato per la valutazione dell’amplificazione

Semplificato Numerico mono-dimensionale Numerico bi-dimensionale

Posizione del punto d’indagine: b) Latitudine della stratigrafia: 39°,507206 N

c) Longitudine della stratigrafica: 16°,285480 E

d) Quota del piano campagna [m. s.l.m.]: 320,00

e) Differenza fra la quota del piano campagna e la quota di imposta delle fondazioni [m]: - 2,00 f) Metodo di calcolo della velocità delle onde di taglio (Vs30)

DOWN-HOLE SPT/CU SASW MASW CROSS-HOLE Altre misure

g) Sismostratigrafia utilizzata nella modellazione derivante dalle indagini geognostiche e sismiche eseguite a partire dal piano campagna:

Litologia Descrizione Profondità dello strato

base dal piano di campagna [m] (1)

Vs [m/s] SPT(2) CU [kPa](2)

Limo e Sabbia

Depositi Limoso-Sabbiosi e moderatamente addensati (Pliocene medio-sup) 6,20 318 -

Argilla Depositi Sabbios con Ghiaia da poco a

moderatamente addensati (Pliocene medio-sup)

11,20 444 -

Argilla con ciottoli

Depositi Sabbioso-Limosi e Argillosi molto consistenti (Pliocene medio-sup) 34,00 498 -

Note: 1) la profondità minima dell’ultimo strato dichiarato in stratigrafia deve essere di 30 m (misurati dal piano d’imposta delle fondazioni)

2) dato richiesto in caso di scelta del metodo SPT/CU al precedente punto f)

h) Categoria topografica: T4

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“TABELLADISINTESIDATIGEOLOGICI”

(Legge Regione Calabria n. 37 del 28 dicembre 2015, Regolamento Regionale n. 15 del 29.11.2016)

2 di 2

Geologia:informazionigenerali- Categoria di sottosuolo: �

- Profondità del Bedrock: > 30 metri

< 30 metri

Sconosciuta

- Stratificazione del deposito: SI Se SI: Sub-orizzontale piano parallela

Inclinata

Incrociata

Irregolare

Altro

- Presenza di discontinuità: NO

- Presenza di faglie capaci: NO

- Presenza di frana: SÌ

- Profondità della falda [m]: Non Rilevata

Morfologia:informazionigeneraliUbicazione dell’opera

Pianura o Pianura aperta o Fondovalle di valle stretta (C>0.25) o Fondovalle di valle larga (C<0.25)

Rilievo isolato

o Alla base del pendio o A metà del pendio Sulla sommità o in cresta

Cresta stretta Cresta larga

B

Unmarked impostata da PC4
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Quota iniziale falda gg:

Laboratorio Autorizzato ai sensi del D.P.R.380/2001 art. 59 - Concessione N° 903

S-C1 3,00-3,50

S-C2 6,00-6,50

PC 1,50-1,95 6-8-9

PC 4,50-4,72 27-RIF

S-C3 14,00-14,50

S-C4 20,00-20,50

PC 8,00-8,20 38-RIF

PC 10,0-10,24 38-RIF

15,001,50 Sabbia media di colore grigio arancio da poco a moderatamente addensata. A

luoghi debolmente limosa. Presenza di sottili intercalazioni di livelli pelitici

30,00

15,00 Sabbia media di colore grigio chiaro da poco a moderatamente addensata. A luoghi debolmente limosa. Presenza di sottili intercalazioni di livelli pelitici

13,001,00 Sabbia grossolana debolmente limosa con ghiaie eterogenea eterometrica di

dimensioni comprese tra 0,2cm fino ad un massimo di 8cm

13,50 0,50 Sabbia media di colore grigio chiaro da poco a moderatamente addensata. A luoghi debolmente limosa

10,40 0,40 Sabbia da media a grossolana debolmente limosa di colore arancio, poco addensata con inclusi millimetrici

12,00

1,60 Sabbia media di colore grigio chiaro da poco a moderatamente addensata. A luoghi debolmente limosa

8,70

2,70

Limo argilloso debolmente sabbioso di colore marrone prevalentemente passante al grigio con bande di colore arancio, molto consistente. Presenza di intercalazioni sabbiose. Presenza di sottili intercalazioni di livelli pelitici. Da 7,30 a 7,40 livello marnoso di colore rosso scuro

10,001,30 Sabbia grossolana di colore grigio chiaro da sciolta a poco addensata. A luoghi

debolmete limosa

1,70 0,50 Limo sabbioso di colore beige, sciolto a struttura lamellare. Pochi inclusi millimetrici di natura calcarea

6,00

4,30

Limo sabbioso debolmente argilloso di colore marrone prevalentemente passante al grigio con bande di colore arancio, da moderatamente a molto consistente. A luoghi aumento della frazione argillosa. Presenza di frequenti intercalazioni sabbiose. Presenza di sottili intercalazioni di livelli pelitici

1,201,20

Terreno vegetale a granulometria limosa sabbiosa di colore marrone prevalentemente passante al grigio con bande di colore arancio, poco consistente. Presenza di inclusi millimetrici misti a calcinacci antropici

Indice di carotaggio

% c

arot

.

RQD

Sim

bolo

gia

Prof

ondi

p.c.

(m)

Lavoro: Indagini geognostiche propedeutiche agli interventi di messa in sicurezza del Santuario di Sant’Umile.Comune di Bisignano (CS). - C. Int.: CS 019/A10 CIG: 4645871607 CUP: J75D12000100003

Pote

nza

stra

ti (m

)

N° protocollo richiesta prove: 4053/12/I058/353N° Verbale di Accettazione: 352/12N° Certificato: 905/S1/04 data di emissione: 17-12-2012

Riv

est.

Foro

inst

alla

z

Dati foro

Ute

nsile

pe

rfor

az.

Quota finale falda gg:

DIMMS Control S.p.A. Area industriale A.S.I. Avellino Via Campo di Fiume, 13 83030 Arcella di Montefredane (AV) tel.082524353 e-mail:[email protected] P.IVA 01872430648

DIMMS CONTROL S.p.A.Stratigrafia

Quota finale falda:

RIV

ES

TIME

NTO

ME

TALLIC

O

TUBO

INC

LINO

METR

ICO

Tubo in InclinometricoSfinestratura tubo aperto

Campioni rimaneggiati: Cr1; Cr2

Shelby: S Piezometro Casagrande:

Cella casagrande:

S.P.T.: PA (punta aperta)- PC (punta chiusa)

Osterberg: O

Denison:D

Il Direttore tecnico Il geologo di cantiere

Committente: Commissario Straordinario Delegato per l’attuazione degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico nella Regione Calabria

quot

a

(m d

al

p.c.

)

Data di esecuzione: 10-11-12/12/2012Località/Opera: Santuario Sant'Umile - Bisignano (CS)

CAR

OTIER

E SEMPLIC

E

Mod

alità

Prelievo campioni

Prof

. (m

)

S.P.T.

Tipo

Prof

./N1+

N2+

N3

LEGENDA:Percussione: PMazier: M

Falda

pag. 4 di 7

M/LAB06/01.1 REV 02 del 04/11/2011

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Quota iniziale falda gg:

Laboratorio Autorizzato ai sensi del D.P.R.380/2001 art. 59 - Concessione N° 903

PC 6,00-6,21 45-RIF

30,00 0,30 Sabbia fine di colore marrone chiaro-arancio moderatamente addensata con intercalazioni di sottili livelli pelitici

PC 10,0-10,24 38-RIF

24,00

S-C1 3,50-4,00

S-C1 4,50-5,00

S-C3 12,00-12,50

S-C4 23,50-24,00

29,70

1,20 Argilla limosa di colore marrone con frequenti intercalazioni di livelli sabbiosi di colore arancio, molto consistente. Pochi inclusi di origine carbonatica millimetrici

28,00

1,50 Argilla limosa di colore marrone con frequenti intercalazioni di livelli sabbiosi di colore arancio, molto consistente. Pochi inclusi di origine carbonatica millimetrici

28,50 0,50 Argilla sabbiosa di colore grigio azzurra, molto consistente. A luoghi debolmente marnosa

Falda

Quota finale falda gg:

Indice di carotaggio

% c

arot

.

RQD

1,501,00

PC 1,50-1,95 16-23-28

Prelievo campioni

Sim

bolo

gia

Prof

ondi

p.c.

(m)

Lavoro: Indagini geognostiche propedeutiche agli interventi di messa in sicurezza del Santuario di Sant’Umile.Comune di Bisignano (CS). - C. Int.: CS 019/A10 CIG: 4645871607 CUP: J75D12000100003

Pote

nza

stra

ti (m

)

N° protocollo richiesta prove: 4053/12/I058/353N° Verbale di Accettazione: 352/12N° Certificato: 906/S2/04 data di emissione: 17-12-2012

Riv

est.

Foro

inst

alla

z

Dati foro

Ute

nsile

pe

rfor

az.

DIMMS Control S.p.A. Area industriale A.S.I. Avellino Via Campo di Fiume, 13 83030 Arcella di Montefredane (AV) tel.082524353 e-mail:[email protected] P.IVA 01872430648

DIMMS CONTROL S.p.A.Stratigrafia

Quota finale falda:

CAR

OTIER

E SEMPLIC

E

RIV

ES

TIME

NTO

ME

TALLIC

O

TUBO

PIEZOM

ETRIC

O A TU

BO APER

TO diam

. 1-1/2"

Tubo in InclinometricoSfinestratura tubo aperto

Campioni rimaneggiati: Cr1; Cr2

Shelby: S Piezometro Casagrande:

Cella casagrande:

S.P.T.: PA (punta aperta)- PC (punta chiusa)

Osterberg: O

Denison:D

LEGENDA:Percussione: PMazier: M

Il Direttore tecnicoIl geologo di cantiere

Committente: Commissario Straordinario Delegato per l’attuazione degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico nella Regione Calabria

quot

a

(m d

al

p.c.

)

Data di esecuzione: 12-13/12/2012Località/Opera: Santuario Sant'Umile - Bisignano (CS)

Prof

. (m

)

S.P.T.

Tipo

Prof

./N1+

N2+

N3

0,50 0,50 Terreno vegetale di colore bruno a granulometria limo-sabbiosa e sabbiosa limsa con inclusi arenacei etermometrici. Presenza do apparati radicali

Mod

alità

Sabbia fine debolmente limosa di colore marrone chiaro, sciolta. Presenza di inclusi millimetrici

2,501,00 Sabbia fine di colore beige, sciolta. Presenza di inclusi subarrotondati di origine calcarea e

arenacea eterometrici

3,00 0,50 Sabbia da media a fine di colore beige, sciolta. Presenza di inclusi millimetrici.

4,001,00 Sabbia da fine a media debolmente limosa di colore arancio, sciolta. Inclusi di dimensiopni comprese

tra 0,2cm e 1cm. Presenza di minerali di quarzo. Presenza di sottili livelli pelitici

5,201,20 Sabbia fine di colore beige e rossastro, sciolta con pochi inclusi arenacei

eterometrici. Da 4,30 a 4,50 Presenza di un livelloo pelitico consistente

22,00

16,80

Sabbia media di colore grigio chiaro da sciolta a poco addensata. Sono presenti frequenti intercalazioni pelitiche di colore grigio scuro poco consistente. A luoghi debolmente limosa. Presenza di inclusi eterometrici subarrotondati prevalentemente carbonatici di dimensioni tra 0,2cm e 3cm. Da 5,70 a 6,00 e da 9,00 a 9,30 molto addensata

Sabbia media debolmente limosa di colore grigio chiaro da sciolta a poco addensata. Sono presenti frequenti intercalazioni pelitiche di colore grigio scuro poco consistente.

26,50

2,50 Sabbia da media a grossolona di colore arancio, poco addensata

2,00

pag. 4 di 8

M/LAB06/01.1 REV 02 del 04/11/2011

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